
Di fronte alle stragi di copti in Egitto non c’è da risvegliare uno spirito crociato che nell’Europa laicizzata non esiste più da secoli. E non è neppure ipotizzabile riesumare uno spirito di Lepanto che la stessa Europa laicizzata non ricorda neppure in cosa consista. Ma, in vista del viaggio che Papa Francesco farà in Egitto, sarebbe bene uscire dalle tradizionali manifestazioni di cordoglio per le stragi di cristiani avvenute nel Paese del Nilo parlando chiaro ed evitando la retorica ipocrita e politicamente corretta che rende impossibile chiarire i termini delle questioni sul tappeto.
In Medio Oriente le comunità cristiane sono in via di estinzione. In Iran, in Iraq e in Siria sono praticamente scomparse. Non perché si siano convertite all’Islam montante, ma perché costrette ad esodi drammatici a causa di una pressione costante, che spesso si trasforma in persecuzione, tesa a realizzare una pulizia non etnica ma religiosa. In Libano resiste l’enclave maronita. Ma in condizioni difficili e forse solo perché ha dimostrato da tempo di avere la forza e la voglia di resistere, anche con il ricorso alle armi.
La comunità copta egiziana conta più di dieci milioni di fedeli. Ha avuto rapporti non sempre distesi con la Chiesa cattolica rispetto alla quale mantiene la sua storica autonomia e distanza e negli ultimi tempi ha sempre cercato di sopravvivere nella realtà islamica in cui è collocata svolgendo un ruolo di sostegno attivo degli “uomini forti” di ispirazione laica che hanno guidato l’Egitto dalla seconda metà del secolo scorso ad oggi.
Gli attentati nelle chiese del Cairo e di Alessandria non costituiscono una novità, ma sono solo gli ultimi di una lunga serie. Gli islamisti più radicali colpiscono da tempo la comunità copta. Non solo per seguire l’esempio della pulizia religiosa realizzata nel vicino Medio Oriente e favorire l’esodo dei cristiani egiziani verso l’Europa, ma anche per colpire i Sadat, i Mubarak e gli Al-Sisi di turno.
Non è un caso, ovviamente, che gli attentati siano avvenuti con tre settimane di anticipo della visita del Papa in Egitto prevista per la fine di aprile. L’Isis punta a un duplice obiettivo: colpire il regime di Al-Sisi e cercare di coinvolgere la Chiesa cattolica nella guerra di religione che tenta ferocemente di estendere ed esportare nel mondo occidentale. È facile preventivare che Papa Francesco non cadrà in questa facile e tremenda provocazione. La sua linea è sempre stata quella di sfuggire alla logica della guerra di religione negando l’esistenza di un conflitto tra Islam e cristianesimo. Ma prendere atto che i copti egiziani sono perseguitati non è accettare la guerra di religione. È solo registrare un dato della realtà che impone da un lato di piangere i morti, ma dall’altro di non abbandonare i vivi! Perché per non cadere nella trappola della guerra di religione c’è il rischio di seguire l’esempio di quanto avvenuto in Medio Oriente e abbandonare al proprio destino l’ultima consistente comunità cristiana del mondo arabo.
Aggiornato il 27 aprile 2017 alle ore 17:14