Padoan e la chimera dell’evasione fiscale

Intervenendo all’inaugurazione dell’anno di studi 2016/2017 della Guardia di finanza, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha dato letteralmente i numeri sulla cosiddetta evasione fiscale: 190 miliardi, pari al 12 per cento del Prodotto interno lordo. E da bravo campione della redistribuzione politico-burocratica, il ministro ha sostenuto con forza che la medesima evasione fiscale andrebbe “contro l’equità e l’inclusione sociale”.

Ergo, secondo Padoan più ci si assoggetta al folle prelievo di un sistema democratico in cui nei fatti ci si contende il consenso a colpi di spesa pubblica e più aumenta il benessere generale, migliorando nel contempo la condizione finanziaria dello Stato. Ovviamente si tratta di un punto di vista, quest’ultimo, piuttosto dominante oggigiorno, soprattutto in chi si trova costretto a tappare i buchi di bilancio causati da una dissennata politica di mance elettorali.

Ma a parte l’aspetto contingente, noi che abbiamo una visione laica e liberale del sistema pubblico, che normalmente fallisce ogni obiettivo quando ritiene di sostituirsi alla libera iniziativa privata nel ruolo di motore del benessere collettivo, non crediamo affatto a questa ennesima riproposizione del “pagare tutti per pagare meno”, con l’aggiunta padoaniana di mettere più quattrini equi e solidali in tasca ai presunti esclusi sociali.

In realtà, senza scomodare la famosa curva di Laffer di reaganiana memoria, in un Paese dominato da una pressione tributaria allargata che colpisce più e più volte lo stesso imponibile con una miriade di imposte e balzelli, spesso occulti, la drastica emersione di grosse quantità di evasione, molto spesso legate a ragioni di mera sopravvivenza, causerebbe due effetti molto gravi: una ulteriore diminuzione dell’attività economica in generale e una conseguente perdita complessiva di gettito fiscale.

Sul piano macroeconomico, la percentuale di risorse controllate dalla mano pubblica crescerebbe ad un livello tale da portare alla totale paralisi del sistema produttivo, togliendo dal tanto bistrattato libero mercato risorse importanti le quali, lo ribadiamo, che ci piaccia o meno, rappresentano una sorta di cassa di compensazione economica e finanziaria all’interno di una democrazia che attualmente tassa e spende circa il 55 per cento della ricchezza realmente prodotta, evasione stimata compresa.

Se i campioni della redistribuzione non riescono ad essere equi e solidali con una così imponente quantità di risorse, non possiamo farci nulla. Caro Padoan, in quanto ad imposte e spese pazze il Paese ha già dato.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:01