
Per le destre europee la vittoria di Donald Trump non è tutta rose e fiori. Essa ha impresso una potente spinta motivazionale ai partiti ed ai movimenti impegnati, nel Vecchio Continente, nella lotta alle élite che hanno ordinato gli odierni assetti di potere all’interno delle società occidentali.
Tuttavia, l’attenzione prestata da Trump in campagna elettorale ai temi etici prefigura una stagione di scelte di governo che farà molto discutere. È prevedibile, ad esempio, che sulla questione dell’aborto Trump volgerà lo sguardo all’indietro. Il ricorso all’interruzione volontaria della gravidanza per la destra che ha portato il tycoon newyorkese alla Casa Bianca resta un tabù, una violazione grave di un principio morale invalicabile. Sarà compito del neo-presidente far sì che la norma giuridica corrisponda a quella morale, uscita vittoriosa dalle urne. È facile, quindi, pronosticare che le destre europee, storicamente connotate da un tratto netto di laicità, avranno non poche difficoltà a comprendere la svolta integralista trumpiana.
Ancor più complicato sarà lo sforzo di cogliere il senso profondo della politica di riavvicinamento che avverrà tra la Casa Bianca e il Cremlino. Sgombrato il campo dalle analisi superficiali di alcuni “autorevoli” commentatori nostrani che vorrebbero i due rispettivi leader in combutta per la difesa di inconfessabili comuni interessi privati, la realtà è che, sul piano dei valori, l’America di Trump è molto più in sintonia con la Russia del Dio-Patria-Famiglia, leitmotiv del nazionalismo putiniano, di quanto non lo sia con la relativista e atea pseudo-cultura in voga nelle democrazie mature dell’Occidente europeo. Forse non è un caso se il pontefice della Chiesa di Roma, Francesco, per stare in linea con i desiderata della governance dell’Unione europea, abbia “aperto” sul tema dell’aborto mentre nelle stesse ore il suo omologo, patriarca della Chiesa ortodossa russa, Kirill, abbia equiparato la legge sui matrimoni gay all’apartheid in Sud Africa e alle leggi razziali naziste che, per il primate moscovita, sarebbero medesime espressioni di una torsione ideologica attuata in danno della natura morale dell’uomo. Su questo fronte le destre europee dovranno imparare a fare da sole cercando una via autonoma di affermazione che tenga insieme l’aspirazione alla restaurazione di società fondate su valori solidi, perenni e rappresentativi di una cultura identitaria certa e riconoscibile e la necessità di non venir meno alle conquiste ottenute sul terreno della laicità dello Stato e del riconoscimento dei diritti dell’individuo. Ciò rilancia il problema di una specificità europea. Le attuali forze di sistema hanno sostanzialmente fallito. Non è da escludere, quindi, che agli appuntamenti elettorali programmati per il 2017 nei principali Stati dell’Ue, il vento del cambiamento possa favorire l’ascesa al potere delle destre. Se così fosse le nuove classi dirigenti forgiate dal fuoco della protesta anti-establishment e anti-globalizzazione, in materia di grandi questioni morali e di visione del mondo, saranno in grado di assumere scelte politiche che non siano la pura e semplice restaurazione di modelli etico-sociali di stampo regressivo?
Per metterla sul pratico: dovendo affrontare la regolamentazione giuridica di problemi attinenti alla libertà degli individui, all’aborto, alle unioni civili, alle teorie di genere, alle questioni legate al fine-vita, all’eutanasia, come si comporterebbero? Guardiamo all’Italia. Se il centrodestra di casa nostra si applicasse a discutere di queste cose, magari promuovendo le “Primarie delle idee” piuttosto che le sfide da “leader per una notte”, ne guadagnerebbe in salute. Elettoralmente parlando, s’intende.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:58