
Matteo Renzi ha annunciato che in caso di vittoria del “No” nel referendum costituzionale non rimarrà a Palazzo Chigi e non permetterà la nascita di un governo tecnico per la promessa riforma elettorale. Questo annuncio deve essere considerato come l’ultima forzatura della campagna elettorale del Presidente del Consiglio. Quello con cui Renzi comunica ai suoi avversari che in caso di sconfitta non esiterà un solo istante a spianare la strada alle elezioni anticipate da celebrare, ovviamente, con l’Italicum e non con un nuovo sistema di voto.
Nessuno, ovviamente, dimentica che il potere di sciogliere le Camere spetta al Presidente della Repubblica. Ma nessuno può ignorare che se il Governo Renzi dovesse cadere per le dimissioni del Presidente del Consiglio e se il Parlamento non fosse in grado di dare vita ad una maggioranza capace di esprimere un nuovo Esecutivo, il capo dello Stato sarebbe automaticamente costretto a chiudere in anticipo la legislatura piegandosi alla volontà del segretario del partito reso più consistente degli altri dal premio di maggioranza del Porcellum.
Non è detto che la minaccia di Renzi di provocare le elezioni anticipate in caso di sconfitta nel referendum riesca a fargli vincere la battaglia del 4 dicembre. Ma è assolutamente certo che se il referendum avrà un effetto a lui sfavorevole, il Premier non accetterà di farsi consumare (come vorrebbe Pier Luigi Bersani) per un anno e mezzo, ma punterà decisamente sul voto anticipato scegliendo di giocare il tutto per tutto sulla consultazione politica.
Verso questo sbocco della situazione giocano due fattori ben precisi. Il primo è che, una volta uscito da Palazzo Chigi, Renzi può evitare di perdere la segreteria del Partito Democratico solo costringendo gli avversari interni alla scissione con elezioni anticipate a cui partecipare con liste rigidamente chiuse ai suoi nemici interni. Il secondo è che è nella natura dell’attuale Premier puntare l’intera posta su una sola gigantesca scommessa piuttosto che centellinarla prendendo tempo e rinviando il più possibile il momento della verità.
Il “No”, dunque, spiana la strada al voto entro il 2017? È possibile. Né più né meno, però, di quanto possa farla la vittoria del “Sì”!
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:06