
Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi concepisce l’attività politica come una sorta di Palio di Siena dove tutto è permesso. Questa convinzione non è inedita ma antica. Basta rileggere Svetonio, senza neppure arrivare a Machiavelli, per prendere atto che chi opera politicamente punta sempre ad evitare o aggirare qualsiasi tipo di regola.
Questa pratica che stabilisce l’assenza di regole trova costante applicazione in tutti i sistemi autoritari, ma dovrebbe avere dei limiti nelle democrazie liberali degli stati di diritto. Questi limiti non possono impedire le promesse fasulle, le mance elettorali e tutte quelle forme di voto di scambio che non rientrano o sfiorano appena la fattispecie penale. E non possono neppure evitare che i governi in carica sfruttino il proprio potere per cercare di condizionare al massimo il comportamento degli elettori. Non si diceva un tempo che il liberale Giovanni Giolitti governasse con i prefetti?
Ma, anche dando per scontato che i governi più spregiudicati possano aver usato in passato i prefetti ed in tempi più recenti l’assistenzialismo più inverecondo tipo i cinquecento euro ai diciottenni, un confine ci deve pur essere. E questo confine ora è stato abbondantemente superato dalla scelta di Renzi di usare le strutture dello Stato per condizionare i quattro milioni di voti degli italiani all’estero per ribaltare le previsioni che lo vedono destinato alla sconfitta nell’ormai imminente referendum sulla riforma costituzionale.
Prima ha inviato Maria Elena Boschi in tutti i Paesi del Sud America imponendo agli ambasciatori di mettere a disposizione della ministra le strutture e l’organizzazione delle Ambasciate per promuovere il “Sì” tra gli italiani, che con le modifiche costituzionali non avranno più la possibilità di eleggere i propri rappresentanti. Poi ha inviato una lettera a quattro milioni di concittadini residenti all’estero nella speranza di convincerli a ribaltare i pronostici infausti del referendum.
I suoi sostenitori affermano che Renzi ha inviato questa lettera nella sua veste di segretario del Partito Democratico. Ma non ci vuole grande acume nell’ipotizzare che, pur avendola firmata in qualità di leader di partito, il Premier abbia voluto far pesare il suo ruolo di Presidente del Consiglio e di massimo rappresentante del governo nazionale. Tutto lecito? Solo formalmente. Nei fatti Renzi si sta comportando come il fantino del Palio di Siena che usa tutti i mezzi, anche e soprattutto quelli più riprovevoli, per poter vincere. Ci si può fidare di un personaggio del genere? Il vero quesito referendario è questo. E la risposta è “No”.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:07