
Tra Donald Trump e Hillary Clinton, chi la spunterà? Conoscere il nome del prossimo Presidente degli Stati Uniti è ormai questione di ore. Visto che ciò che accade a Washington produce effetti sulle vite di tutti noi, avvertiamo il dovere di esprimere una preferenza, benché simbolica. La nostra va a Donald Trump.
Molte sono le buone ragioni che ci spingono a propendere per il tycoon newyorkese. La principale è che siamo convinti che la sua presidenza sarebbe più vantaggiosa per gli interessi italiani, a patto che vengano mantenute le promesse fatte in campagna elettorale. Trump si è impegnato a ristabilire un confronto costruttivo con la Federazione Russa, ribaltando la politica della paura praticata da Barack Obama. Per fronteggiare un presunto espansionismo di Mosca la Nato, teleguidata da Washington, ha piazzato basi missilistiche sotto il naso dei russi. Una strategia aggressiva che ha riportato il clima politico alle temperature polari degli anni della Guerra fredda. Dalla rottura con il Cremlino, in seguito alla crisi indotta in Ucraina, è scaturita la folle guerra delle sanzioni economiche la cui vittima principale è stata la bilancia commerciale italiana. Si stima che, da quando Stati Uniti ed Europa hanno stretto il cappio intono al collo russo, il nostro export abbia subito una perdita pari a 3,6 miliardi di fatturato. Inoltre, la strada della prova muscolare con il gigante russo ha di fatto spostato il baricentro della politica della Nato dal quadrante mediterraneo a quello nordorientale dell’Europa, con l’evidente conseguenza di offrire maggiore sponda alle pulsioni revansciste dei Paesi baltici e di quelli un tempo compresi nel Patto di Varsavia a scapito della implementazione delle misure di difesa e di sicurezza nell’area geopolitica di nostro maggiore interesse e coinvolgimento. La svolta nelle relazioni con il Cremlino e la revisione dei rapporti all’interno dell’Alleanza Atlantica, annunciate da Trump, ci consentirebbero di riprendere quella politica di amicizia con Mosca che attualmente viene osteggiata dai Paesi alleati sia in sede Nato sia in ambito Ue.
La vittoria della signora Clinton, invece, non ci sarebbe di alcuna utilità. La certezza deriva dal fatto di averla già vista all’opera. Mentre Trump resta pur sempre una terra incognita da esplorare, la Clinton nella stanza dei bottoni c’è stata a lungo. Da first lady nei due mandati presidenziali di Bill Clinton, Hillary non si è dedicata a coltivare ortaggi come ha fatto Michelle Obama ma ha lavorato da presidente-ombra intervenendo nelle scelte di governo del marito. Fu lei a prendere con discrezione sulle spalle le sorti della presidenza dopo che lo scandalo “Lewinsky” aveva politicamente azzoppato l’inquilino della Casa Bianca, al punto che la stampa americana si era impietosamente divertita a ribattezzare la coppia:“Billary”. Poi, dopo la lunga parantesi da senatrice dello Stato di New York, l’esperienza alla guida del Dipartimento di Stato durante il primo mandato di Obama. È stato allora che la signora Clinton ha dato il peggio di sé. Nella fase delle “primavere arabe” c’era lei a dirigere il traffico. Sua la decisione di destabilizzare la Libia per favorire gli interessi francesi e britannici in danno di quelli italiani. Pur trascurando la fama che si è guadagnata di bugiarda patologica, fosse solo per questi precedenti mai un italiano dovrebbe desiderare di vederla sedere nella stanza ovale. Ma da noi ci sono gli utili idioti dei poteri forti globalizzati a fare il tifo per lei. Da costoro Donald Trump viene descritto come antropologicamente inadatto a ricoprire il ruolo di Presidente degli Stati Uniti. Sarà una coincidenza ma è il medesimo giudizio al quale, in questo ultimo quarto di secolo, hanno inchiodato un’altra “anomalia” della politica: Silvio Berlusconi. Anche lui dai servi dell’establishment è stato bollato come “antropologicamente pericoloso”, sottovalutando il fatto che anche i reietti abbiano dalla loro un appeal che li rende affidabili benché politicamente scorretti. Allora: forza Donald!
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:02