Se ribellarsi è giusto

Matteo Renzi proprio non vuole capirlo: la sua politica dell’accoglienza sta lacerando il tessuto connettivo che tiene insieme la società italiana. Dividersi sulle idee, sulle strategie da seguire, perfino sui modelli di organizzazione della vita collettiva, è possibile. È finanche bello, quando produce soluzioni. Ma mettere contro uomini, e donne, al solo scopo di imporre la propria visione del mondo è l’esatto contrario del senso autentico della democrazia. È giunto il momento che Renzi e i suoi ne prendano atto perché quel che è successo nella piccola landa palustre di Gorino non è già l’incendio, ma la scintilla che lo innesca. Altro accadrà di simile, nei prossimi giorni, in giro per l’Italia.

Non bisogna essere oracoli per vaticinare grossi guai a un apparato politico che sta scavando l’abisso tra sé e il popolo. Si fa presto a criminalizzare chi non ci sta a farsi sconvolgere la vita. Ma un Governo che non riesce ad agire in sintonia con il sentire della sua comunità è destinato a soccombere, con le buone o con le cattive. Sì, anche con le cattive. È ora che la si faccia finita con il quadretto buonista del popolo bue che, senza reagire, subisce qualsiasi angheria gli venga inferta dal potere. Essere gente pacifica non significa formare una massa di idioti invertebrati. Se si supera il limite della sopportazione, ribellarsi è giusto. Lo insegna la Storia. Soltanto che i ribelli li si chiama eroi dopo che hanno tirato le cuoia e la loro vicenda personale sia stata archiviata, ma fintanto che sono stati vivi gli esseri umani che, armi in pugno, hanno sfidato l’ingiustizia, sono stati bollati e schedati come trasgressori e nemici dell’ordine costituito. È stato così da sempre: per difendere un ideale o soltanto la propria terra si uccide e si muore.

Fa malissimo, quindi, l’odierno Governo a sottovalutare il ribollio crescente della rabbia popolare. Il Governo punta a servirsi dell’apparato di propaganda garantito dall’informazione allineata. La tattica comunicativa è presto svelata: far apparire chiunque osi opporsi al mainstream multiculturalista alla stregua di uno xenofobo troglodita, barbaro e ignorante. Ma si tratta di un espediente di corto respiro: non si ferma la marea dell’indignazione popolare con gli attrezzi da spiaggia adoperati dai media genuflessi al renzismo imperante. Se si vuole evitare il peggio c’è un solo modo: fermare i flussi in partenza. Poche chiacchiere! Non serve nascondersi dietro la bugia che in Libia non ci sia un interlocutore valido con cui prendere accordi. Questa solenne fesseria non se la beve più nessuno da quando, per assistere i combattenti delle milizie armate locali, sono stati spediti lì senza tanti scrupoli i nostri militari.

Se i parà della Folgore sono ben accetti per difendere l’ospedale da campo che l’Italia ha messo a disposizione del governo di Tripoli, perché non dovrebbero esserlo se impegnati a garantire la sicurezza dei centri di raccolta immigrati da installare lungo la costa libica? Ve lo diciamo noi perché. Il non detto di tutta questa sporca faccenda è che il Governo italiano ha preso le parti del debole governo di Fayez al-Sarraj che, a sua volta, per sopravvivere deve fare compromessi con i ras delle tribù locali. Costoro non sono innocenti educande: si tratta di predoni che fanno affari d’oro gestendo la tratta degli esseri umani. Interromperla vorrebbe dire interferire con gli interessi di questa malavita perfettamente organizzata tra le sabbie del deserto libico. Non volendo combatterla, per opportunità, meglio assecondarla cercando di trarne convenienza da un’altra parte: precisamente dalle parti di Bruxelles, dove la massa d’immigrati accolti serve al Governo italiano da merce di scambio per ottenere maggiore flessibilità sui conti pubblici. Vista la bizzarra convergenza di interessi, ne consegue che contrastare i traffici di esseri umani e l’attuale Governo Renzi siano facce della medesima sfida.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 19:37