Le illustri reclute del partito degli illusi

Il partito degli illusi, condotto magistralmente dal Premier Matteo Renzi, ha arruolato un’altra illustre recluta: il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia. Costui, valutando le più che deludenti stime elaborate dalla sua stessa organizzazione, le quali indicano un’economia al palo anche nel 2017 (con uno striminzito +0,5 per cento), ha espresso la speranza che il Centro studi di Confindustria si sbagli, scommettendo su una crescita che allo stato attuale appare piuttosto chimerica. In particolare, sottolineando l’evidente discrepanza tra le ottimistiche previsioni del ministero dell’Economia e la deludente stima elaborata dai suoi esperti, Boccia ha così commentato: “Io tifo per i dati del Governo invece che per quelli del nostro Centro studi, di cui pure sono orgoglioso e ho grande considerazione. Insomma, devo tifare per l’Italia”.

Dunque, oramai siamo arrivati a questo punto. Il leader della più grande organizzazione rappresentativa delle imprese italiane, anziché pungolare il Governo dal lato delle mancate riforme economiche, battendosi per una riduzione generalizzata dei costi imposti dalla mano pubblica al mondo della produzione, si allinea all’insensato ottimismo della ragione portato avanti senza alcun fondamento dal renzismo declinante. Ciò, come per l’appunto segnala anche il citato Centro studi di Confindustria, in totale contrasto non solo con le stime più realistiche, ma anche con quello che dicono i numeri fin qui realizzati dall’Esecutivo dei miracoli.

Il Paese non cresce soprattutto perché non ci sono le premesse fondamentali per stimolare consumi e investimenti. Premesse legate ad una generalizzata riduzione delle tasse e della burocrazia che solo una profonda e coraggiosa riforma liberale del sistema Paese sarebbe in grado di determinare. Ma per farlo occorrerebbe che almeno chi rappresenta il mondo della produzione si schierasse decisamente in favore di una siffatta riforma, assumendo una posizione assai critica nei confronti di un Presidente del Consiglio e di un Governo che continuano a raschiare il fondo del barile delle tasse posticipate, attraverso un compulsivo ricorso al deficit di bilancio. Niente di tutto questo. Il presidente di Confindustria, evidentemente, ritiene più costruttivo andarsi ad intruppare in quell’ampio coro renziano nel quale si cerca pervicacemente di sostituire la realtà cantando deliranti inni alla speranza, con l’unica prospettiva di morire disperati. Proprio non ci siamo.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:01