Per un Pil Matteo perse la cappa

Dunque, tanto tuonò che piovve. L’irrituale pressing esercitato dal Governo Renzi sull’Istat ha prodotto un “trionfale” aggiustamento nella crescita tendenziale per l’anno in corso (da + 0,7 a + 0,8 per cento), lasciando tuttavia inalterato il secondo trimestre, confermando la crescita congiunturale con uno zero spaccato. Siamo perciò lontanissimi dalle previsioni dell’Esecutivo dei miracoli che in gennaio, per bocca del suo líder máximo, parlava di una crescita dell’1,6 per cento “assolutamente alla nostra portata”, per poi attestarsi nel Def ad un più prudente + 1,2 per cento. Ma nelle ultime 30 slides presentate in questi giorni, indigesto fritto misto di propaganda e pura falsificazione manipolatoria, il dato viene ulteriormente corretto al ribasso, limando l’aumento del Prodotto interno lordo del 2016 ad un modesto + 1 per cento.

In realtà, come ha impietosamente calcolato l’Istat, allineandosi in questo alle maggiori agenzie internazionali, l’andamento della nostra economia, dopo aver perso ben oltre 10 punti negli anni della grande crisi, sotto la guida del keynesiano di Rignano sull’Arno non sembra andare al di là del famigerato rimbalzo del gatto morto, secondo una diffusa espressione in voga nel mondo della finanza. Una crescita risicatissima, peraltro favorita da un uso dissennato delle risorse pubbliche - vedi 80 euro e vedi i molti miliardi utilizzati per il sostegno temporaneo all’occupazione – che secondo l’ottimo Mario Seminerio costituisce un esempio chiarissimo su come “buttare soldi pubblici nello sciacquone”.

Da qui si spiega la continua richiesta di flessibilità, oramai tramutata in spinta ossessiva-compulsiva, che il Premier Matteo Renzi rivolge all’Europa. Non sapendo come reperire i fondi per la sue ultime promesse elettorali, capitolo delle pensioni su tutte, al cantastorie fiorentino non è rimasta altra strada che quella di un cospicuo aumento del deficit, portandolo a sfiorare la zona critica del 3 per cento. Il tutto, peraltro, nell’ambito di una deflazione che non aiuta certamente i nostri disastrati conti pubblici. Di fatto, la tanto invocata flessibilità determinerà un sostanzioso aumento del debito statale, già cresciuto sotto il mago toscano di oltre 150 miliardi di euro.

Una flessibilità farlocca, dunque, la quale sempre secondo una felice espressione di Seminerio avrà l’unico effetto di “stringere la corda al collo di questa e delle prossima generazioni”. Tanto per parlare di cialtroni travestiti da statisti.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:58