Il vero obiettivo   di Massimo D’Alema

Tutto si può dire di Massimo D’Alema tranne che non sia un politico di grande esperienza e di grande capacità tattica. Sarà anche vero, come gli viene rimproverato, che sia più capace a distruggere che a costruire, ma nelle sue “distruzioni” (da quella di Achille Occhetto a quella di Romano Prodi) c’è sempre stata una forte dose di intelligenza politica che lo ha posto e lo pone nel novero dei “cavalli di razza” della sinistra italiana. Non a caso, nell’avviare la sua irresistibile ascesa verso il potere, Matteo Renzi lo ha scelto come simbolo della classe dirigente da rottamare nella consapevolezza che per crescere è necessario avere un nemico di grande dimensione.

Ora il “rottamato” numero uno scende in campo per aggregare il fronte del “No” presente nel Partito Democratico contro il referendum. E la sua iniziativa viene vista come una sorta di vendetta personale nei confronti di Matteo Renzi per una rottamazione che ha assunto aspetti troppo brutali per non aver lasciato una scia di forti e profondi risentimenti.

Si compirebbe un errore, però, se il “pronunciamento” del “Líder Massimo” per il “No” venisse interpretato solo come un fatto personale. In realtà dietro la mossa di D’Alema non c’è solo risentimento ma anche un disegno politico ben preciso rivolto a provocare una serie di movimenti all’interno del Pd in vista di nuovi equilibri sia in caso di vittoria del “No” che in caso di successo del “Sì” al referendum.

Attraverso la campagna per il “No” D’Alema punta a coagulare tutti i nemici dichiarati di Renzi presenti nel Partito Democratico. I bersaniani ed i cuperliani non potranno più tergiversare e dovranno scegliere definitivamente se stare in maggioranza o partecipare ufficialmente all’opposizione interna. Ma questa polarizzazione dello scontro interno tra Renzi e D’Alema, a sua volta, non potrà rimanere senza conseguenze all’interno dello schieramento che sostiene al momento il segretario e Presidente del Consiglio. La formazione di una nuova corrente formata dai “giovani turchi” di Orfini, Orlando e Martina e dai vecchi Ds come Fassino, Finocchiaro e Zingaretti indica che all’interno del Pd la mossa di D’Alema e l’arroccamento dei renziani può portare alla formazione di un correntone centrale destinato a diventare l’arbitro del partito e del Governo sia in caso di vittoria del “No” che di vittoria dei “Sì”. In fondo l’obiettivo a breve di D’Alema può essere anche questo.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:07