Procreare? Oltraggio   al “buonsenso”

È polemica sul “Fertility Day”, la Giornata nazionale di informazione e formazione sulla fertilità promossa dal ministero della Salute e fissata per il prossimo 22 settembre. Probabilmente le quattro “cartoline” ministeriali che promuovono l’iniziativa non saranno un capolavoro di comunicazione, ma non è il caso di farne una tragedia. Per quegli slogan alquanto trash la ministra Lorenzin è stata ricoperta d’insulti sui social e sui media. Le più scatenate contro di lei sono le vetero-femministe: quelle de “l’utero è mio e lo gestisco io”, per intenderci.

Non v’è dubbio che l’argomento sia particolarmente complesso perché lambisce sia la sponda del privato che quella del pubblico. Nessuno può contestare il principio che la scelta della maternità sia un fatto rigorosamente personale nel quale la mano dello Stato non può e non deve comparire. Tuttavia, una comunità nazionale si regge sulla capacità non solo di progredire ma anche di perpetuarsi attraverso il ricambio generazionale. Ora, i numeri snocciolati dagli istituti statistici sulla curva demografica italiana sono da paura. La denatalità è divenuto un fattore costante: già dal 2013 il valore di 1,39 figli per donna collocava il nostro Paese al livello più basso nella classifica degli Stati europei. Se fino a qualche tempo fa la fecondità tardiva riguardava il terzo/quarto figlio, negli ultimi anni la maternità in età avanzata ha coinvolto la nascita del primogenito. Ciò significa che mettere un figlio al mondo è diventato arduo, figurarsi a voler estendere la prole fuori tempo massimo: impossibile!

Saremo a breve un Paese di vecchi. Se si va avanti di questo passo il combinato disposto della caduta di natalità con l’allungamento della longevità porterà, nel 2050, la popolazione inattiva ad essere dell’84 per cento superiore di numero a quell’attiva. Sarà il disastro nei conti pubblici e il sistema di welfare, come finora lo abbiamo conosciuto, diverrà insostenibile. Quindi, un problema demografico c’è e non possiamo nasconderlo sotto il tappeto. Ciò vuol dire auspicare che le donne del nostro paese si trasformino in fattrici, come certi sinistri intellettuali insinuano si voglia fare? No di certo. Smettiamola però con i toni melodrammatici evocando scenari apocalittici sul destino delle donne e restiamo con i piedi piantati in terra. Di tutti gli insulti e gli sfottò lanciati in Rete contro la diafana Lorenzin soltanto uno merita di essere commentato. Scrive un cittadino su Twitter: “Ora che la Lorenzin ci ha suggerito di fare figli, il ministro delle Finanze ci dirà come mantenerli?”. È un’obiezione sacrosanta. La mancanza di volontà a divenire genitori per la stragrande maggioranza delle coppie italiane è determinata dall’incertezza sul futuro economico individuale e familiare e dalla mancanza di efficaci strumenti di sostegno alla maternità e alla paternità. Piuttosto che in consigli sul come e quando fare i figli, sarebbe più appropriato che il Governo si spendesse in azioni per aiutare chi non ce la fa a mantenerli. Servirebbe un piano organico di incentivi fiscali alle famiglie, integrato da provvedimenti immediati di favore nell’assegnazione d’immobili dell’edilizia pubblica, dall’accesso ad asili nido a basso costo e da incentivi alle imprese per aiutare le neo-mamme nella difficile opera di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.

Puntare sull’incremento della natalità è una scelta politica di portata strategica. Questo Governo intende compierla? O pensa che la crisi demografica si risolva con l’immissione forzata nel corpo vivo della comunità nazionale di “fattrici” e “stalloni” umani importati dal terzo e quarto mondo con il pretesto della solidarietà ai migranti clandestini? Vorremmo sentire in proposito la voce del capo del Governo e non soltanto quella della solita Laura Boldrini di cui conosciamo gli insani propositi abolizionisti dell’identità italiana.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:59