
L’ultimo libro di Giancristiano Desiderio (“La verità, forse”, Liberilibri, Macerata, 2015, pagine 263, Euro 16) non è solo una “Piccola enciclopedia del sapere filosofico dai Greci allo storicismo”, come esattamente spiega il sottotitolo, ma anche un concentrato della stessa filosofia personale dell’autore. Egli dichiara, nelle due ultime pagine, “perché ha scritto questo libro”; e cioè “nel vano tentativo di liberarsi definitivamente dell’ossessione della verità”.
In realtà Desiderio aggiunge subito che la sua ossessione concerne inscindibilmente anche la libertà. Egli, crociano nelle midolla, appartiene alla cultura dello storicismo: “La filosofia che è storia insegna che a un certo punto bisogna adattarsi a lasciare la teoria per dedicare vita e pensiero a comprendere i fatti concreti dell’esistenza e della storia per pensare la storia, la storia pensata”. Perciò scrive che “lo storicismo è di fatto e di diritto una cura o terapia per liberarsi dall’idea che la filosofia sia una continua teoria capace di fare meglio quanto altri hanno pensato male”.
Il libro è solo in parte un manuale di storia della filosofia, che non sfigurerebbe tra i libri di testo di un liceo. Il filo rosso dell’evoluzione del pensiero filosofico esiste. Però Desiderio, nell’esporre i capisaldi del sapere di tanti filosofi (non tutti), insegue principalmente la sua ossessione: la sua personale “endiadi” verità - libertà. Così il libro si apre con la domanda di Pilato e continua con la tesi di Marx per tornare agli antichi Greci e saltare a Cartesio e Kant, fermandosi a lungo su Hegel e sul grande Vico. Ma verità e libertà non sono due caciocavalli appesi a ganci in cielo. Se hanno quel senso essenziale per la qualità del pensiero e della vita, dell’individuo e della società, del bene e del male è proprio perché sono meno “filosofici” che “reali”, sono valori storici che conferiscono valore alle cose umane. E a riguardo non possiamo non citare una bellissima riflessione di Desiderio, che forse riassume la sua concezione morale ma costituisce comunque il discrimine oggettivo tra sistemi politici, astrattamente e storicamente considerati: “Strano: come Gesù, anche Socrate fu condannato a morte da una votazione, dalla democrazia. La democrazia - il kratos del demos, il potere dei più - non è garanzia né di verità né di libertà. Al contrario, sono la verità e la libertà che sono garanzia di democrazia”. E questa è, senza forse, la verità. Anche perché, come ci ricorda uno Pseudo-Senofonte, “democrazia” vuol dire sì “potere della maggioranza”, ma pure, purtroppo, “violenza popolare”. E questa è, senza forse, la libertà.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:01