
Nell’Europa dei diritti c’è posto per il diritto alla sicurezza? Il rischio attentati di matrice islamista propone anche a noi questa domanda. La Costituzione italiana non ne parla espressamente e non prevede il potere di dichiarare lo “stato di crisi interna”; tuttavia, anche da noi, i diritti non sono sempre intoccabili, perché la garanzia della sicurezza della comunità nazionale rientra tra i diritti meritevoli di tutela, proprio a salvaguardia della Costituzione.
I filosofi si limitano a dire che l’autonomia dei singoli va tutelata più che si può. Aggiungono però che le libertà possono anche essere compresse, a condizione che si rispettino le regole prefissate. Con queste premesse, è alla legge che spetta il compito di disciplinare in concreto le limitazioni delle libertà.
La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo(Cedu), in tema di sicurezza, pur svettando nell’opera di estensione delle libertà individuali (molto meno nella difesa delle posizioni collettive e comunitarie), elenca in modo dettagliato i limiti di fronte ai quali i diritti possono cedere o subire compressioni.
Il terrenoè scivoloso. Qui la politica la fa, il più delle volte, da padrone, perché è ad essa che spetta la valutazione delle contingenze storiche, interne, internazionali e geopolitiche, che minacciano la comunità statale. Del resto, anche gli ordinamenti autoritari rivendicano spesso ulteriori poteri eccezionali per salvaguardare la propria sicurezza interna ed esterna. Lo stesso Erdogan nel giustificare la repressione in atto, invoca le ragioni della sicurezza, in nome, questa volta, della “conservazione” della democrazia.
Ma l’Europa, la terra dove i diritti sono nati e hanno avuto la massima estensione, non può che rifiutare ogni intervento arbitrario e, per dare fondamento di legittimità all’eventuale limitazione dei suoi diritti fondamentali, non può che farlo nel rigido rispetto della legge. Per questo, la giurisprudenza Cedu elenca minuziosamente sia i presupposti che i fini da perseguire. Tra i presupposti elenca: la “sicurezza pubblica”, la salvaguardia dell’“integrità del territorio”, la “difesa dell’ordine”, la difesa dell’“autorità e l’imparzialità del potere giudiziario”, la “prevenzione dei reati”, la “protezione del benessere economico del Paese”, la protezione della “salute e della morale”, la “protezione della reputazione”, “la protezione dei diritti e delle libertà altrui”. Un’elencazione ampia, estesa, molto generica e apparentemente neutra nei contenuti assiologici, che acquista però una specifica valenza di sistema, se è inquadrata nel contesto dichiarato della salvaguardia della “società democratica”.
In verità, i fini dell’ordine e della sicurezza, della morale e della salute, della difesa della reputazione e delle libertà altrui, assumono un significato diverso a seconda che s’identifichino semplicemente con le aspirazioni politiche ed egoistiche di chi detiene il potere, magari arbitrariamente, oppure si riannodano ai valori propri del regime democratico.
Il Preambolo Cedu espressamente afferma che è la “democrazia” il fattore unificante dell’Europa, dove per democrazia s’intende il “patrimonio comune delle tradizioni e degli ideali politici, di rispetto della libertà e di preminenza del diritto”. In questa idea ampia di democrazia sono ricompresi, accanto ai caratteri dello Stato liberal- democratico, anche i valori della democrazia sociale (solidale) e della democrazia economica.
Per usare le stesse espressioni della Corte europea, elementi essenziali della democrazia sono “il pluralismo, la tolleranza e lo spirito di apertura, senza i quali la società democratica non esiste”. Le istituzioni democratiche, in concreto, quando decidono di comprimere alcuni diritti fondamentali, possono farlo, ma solo al fine di salvare se stesse, nel rispetto del principio di preminenza del diritto, cioè: conservando forme di controllo efficaci sul potere esecutivo da parte di un potere giudiziario indipendente, senza alcun pregiudizio per le prerogative del parlamento. Del resto, anche nei casi di crisi, la democrazia non si può ridurre alla supremazia costante dell’opinione della maggioranza, perché alle minoranze va sempre garantito il giusto trattamento, in modo da evitare qualsiasi abuso di posizione dominante.
Allora, le libertà sono il presupposto della democrazia, ne costituiscono l’essenza e il fine. Di fronte al rischio di poterle perdere, possono anche cedere, temporaneamente, o essere limitate. Ma la loro menomazione è consentita soltanto se è finalizzata alla difesa delle ragioni primarie su cui si fonda lo Stato delle libertà. Guai a consentire l’abuso delle libertà per fini diversi dalla difesa della democrazia. L’articolo 17 della Cedu ne è la testimonianza più diretta, quando afferma che nessuna disposizione della Convenzione può essere interpretata, usata o abusata, nel senso di riconoscere il diritto, per uno Stato, un gruppo o un individuo, di esercitare attività che puntano alla distruzione dei diritti o delle libertà riconosciute.
In Turchia, Erdogan ha dichiarato la sospensione della Convenzione sui diritti umani. Può farlo. Alla sola condizione però che la restrizione dei diritti avvenga nel rispetto delle regole dello Stato di diritto, così come delineato dalla stessa Cedu. È fin troppo evidente, invece, che il fine di Erdogan non è tanto il ripristino della democrazia, quanto il ripristino dello Stato islamico, quello delle origini, protrattosi fino ad Ataturk. Lì la maggioranza della popolazione musulmana potrà ripristinare le sue regole che, purtroppo, non sono le stesse dello Stato democratico e di diritto.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:59