I Radicali verso  il Congresso-verità

La polemica divampa, dilaga sulla stampa, invelenisce ogni giorno di più gli animi di quanti siano interessati alle sorti dell’eredità (e degli ereditieri) di Marco Pannella.

Forse, finalmente, potranno veder soddisfatta le loro curiosità. Dal primo al 3 settembre prossimo si terrà il Congresso (40esimo, straordinario) del Partito Radicale Nonviolento Transpartito Transnazionale e in quella sede si tireranno le somme, a partire dalla querelle che divide eredi veri e presunti del messaggio pannelliano. Voleranno gli stracci del gossip amati dai giornalisti, ma è sperabile che nell’(insolita) aula congressuale possano volare anche idee, progetti, visioni, utopie adeguate a quel grande messaggio. Chi vivrà, e andrà al Congresso, vedrà. Vedrà anche altro: il Congresso offre, al di là delle contese ereditarie ai loro vari livelli, anche un pizzico di novità. Si terrà infatti nel carcere romano di Rebibbia. A parte due bellissimi convegni di studio su Ernesto Rossi tenutisi anni fa nel carcere di Pallanza, dove Rossi fu a lungo recluso ma che ora è stato trasformato in Scuola Superiore per le guardie carcerarie, è la prima volta in assoluto, credo, che il congresso di un partito si tiene in un luogo di pena.

Per me, entrare a Rebibbia non sarà una novità; avevo visitato quelle celle come deputato, esercitando un mio diritto istituzionale riesumato nella prassi da Marco Pannella e dai suoi radicali. Ovviamente, l’autorizzazione al congresso è stata concessa, dalle autorità preposte, proprio in omaggio a Pannella e alla sua appassionata attenzione ai problemi dei carcerati e di tutti coloro le cui vite gravitano attorno al carcere.

Ormai è di dominio pubblico la spaccatura verticale che da tempo lacera la “galassia radicale”. Al di là di possibili intrighi sotterranei volti all’impossessamento della sigla “radicali”, allo scatenamento di ovvi interessi personali e particolari, ecc., lo scontro è – o dovrebbe essere – politico. E pertanto dovrebbe interessare molto l’opinione pubblica e i mezzi di informazione che la orientano. Da sempre, l’iniziativa politica radicale ha messo in atto, con le sue sfaccettature teoriche e di prassi, eventi centrali per l’intera società, non solo italiana. Le battaglie pannelliane hanno spaziato dall’Europa al Tibet, dai Montagnard all’Iraq fino a Mosca o all’Onu, non sempre amata ma riconosciuta come fulcro importante dello scenario politico mondiale. Lungo questi scenari, i radicali di Pannella hanno saputo cogliere i problemi dell’attualità e dar loro una risposta, comunque dare loro una attenzione altrimenti negata. Ora che è scomparso, a Marco Pannella viene dato il riconoscimento di eccezionale lungimiranza. Ma non si riesce a (o non si vuole) cogliere il nocciolo profondo del percorso da lui tracciato.

Sapranno i suoi eredi essere all’altezza? Lo scontro che avverrà a Rebibbia dovrà fornire la risposta. Da una parte ci sono quanti intendono mantenere dritta la barra sulle ultime indicazioni pannelliane, sdipanate lungo un asse non casuale, anzi estremamente coerente: la lotta per una giustizia giusta ed efficiente; per una riforma, quindi, delle istituzioni giuridiche e carcerarie a partire dall’amnistia e dall’indulto invocati anche, dinanzi alle massime autorità e istituzioni italiane, da Giovanni Paolo II e da Francesco; per un “diritto” che riconosca i “diritti” di una umanità che si proietta su percorsi antropologici globalizzati, fino a ieri sconosciuti, in una comunità internazionale sempre più in debito di democrazia e a rischio di implosione irreversibile; e infine, per l’ultimo tema individuato da Marco con strabiliante intuizione e modernità, il diritto “umano” alla conoscenza, un diritto tornato almeno per qualche ora sulle prime pagine dei giornali a seguito delle risultanze della Commissione Chilcot, voluta dal governo britannico per far luce sulla guerra voluta da Bush e Blair.

Questi, a mio avviso, i temi urgenti (e coerenti) su cui Pannella si è tenacemente tenuto stretto e cui il Congresso dovrà dare una risposta. Non sarà facile né automatico che ciò accada, soprattutto per l’opposizione che si è coagulata attorno alla sigla di Radicali Italiani, un nucleo di forte resistenza e rifiuto di queste priorità. C’è in loro un abbagliamento, una sorta di cecità che nasconde, nega alla radice le tematiche che furono care a Pannella. Si guarda piuttosto, con malcelata invidia, alle esperienze grilline portatrici, ad avviso di questi contestatori, di successi numerici ed elettorali. Per colpire l’eredità di Pannella si invoca il ritorno ad una normalità statutaria che cela la volontà di una “normalizzazione” politica ed ideale.

La decisione di tenere il Congresso - dopo anni di forzata e sofferta “messa in mora” del dettato statutario che prevede un congresso a scadenza fissa - è stata resa possibile grazie ad una iniziativa che lo Statuto comunque prevede, la raccolta delle firme necessarie per la tenuta del Congresso da parte di un terzo degli iscritti al Partito da almeno sei mesi. È stata una decisione difficile, contestata a lungo da Radicali Italiani che aveva invece caldeggiato la via di una assemblea con potestà deliberative del “Senato” del Partito, un organismo dalla vita inconsistente come molte delle norme statutarie, vittime di una lunga stagnazione del Partito. Dopo una lunga opposizione, Radicali Italiani ha finalmente preso atto, con la mozione votata nell’ultimo Comitato nazionale (svoltosi a Roma nei giorni scorsi) della legalità della convocazione. Dunque il Congresso si terrà – a meno di ripensamenti, di pressioni o di colpi di mano – nel carcere romano. Lì, sgomberato il campo da questi capziosi incidenti procedurali, si vedrà chi vuole davvero proseguire una lotta politica iniziata mezzo secolo fa in nome del “diritto alla vita” e alla “vita del diritto”. Penso di conoscere abbastanza questo lungo cammino. C’ero dall’inizio.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:00