Catastrofi a scelta a Cinque Stelle

La surreale visita del grillino Luigi Di Maio, candidato Premier in pectore del Movimento 5 Stelle in Palestina, mi richiama alla mente un titolo di un famoso libro del compianto Isaac Asimov: “Catastrofi a scelta”.

Nella fattispecie, l’indignata reazione dei grillini per la mancata autorizzazione delle autorità israeliane a far visita nella tormentata Striscia di Gaza, minacciando di riconoscere lo Stato palestinese una volta giunti al Governo, la dice lunga sul livello di avventurismo dilettantesco di questo onesto partito delle catastrofi a scelta. Un avventurismo che, oltre a codesta sciagurata vicenda, si è già manifestato nella politica interna con tutta una serie di proposte a dir poco demenziali, tra cui il referendum sull’Euro, il reddito di cittadinanza e l’abolizione di Equitalia. Tutto ciò partendo dal presupposto di una visione infantile della democrazia con la quale, ignara del tutto della complessità delle varie problematiche sollevate, si immagina di risolvere qualunque questione con un semplice atto di volontà politica, che nel caso di un dilettante allo sbaraglio giunto per avventura nella stanza dei bottoni si traduce automaticamente in un colossale delirio di onnipotenza.

Come altro definire, infatti, l’improvvida reazione dei grillini capitanati da Di Maio, di fronte ad un rifiuto, giustificato da Israele da legittimi motivi di sicurezza, che era già stato espresso nei confronti di altri partiti europei, tra cui gli spagnoli di Podemos? Con il pericolo del terrorismo di matrice islamista alle porte, ci manca solo di immischiarsi nella vicina polveriera mediorientale, entrando a gamba tesa nello storico conflitto tra israeliani e palestinesi. Se il giovane Di Maio intende rappresentare la componente più dialogante e ragionevole dei grillini, evocando gli spettri di politica estera del vecchio Partito comunista italiano, ha commesso un grave errore d’immagine.

Anziché muoversi su un prudente piano di equidistanza, l’elegantone pentastellato ha voluto irresponsabilmente indossare la kefiah, mostrando l’intenzione di portare il nostro già traballante Paese su un pericolosissimo terreno minato. Proprio non ci siamo.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:58