Confalonieri: uomo d’azienda o di politica?

Il sondaggio di Demos per Repubblica di fine giugno rileva che, dopo l’esito dei ballottaggi del 19 giugno, M5S è cresciuto di cinque punti percentuali rispetto al mese di aprile, arrivando al 32 per cento. Il Partito Democratico lo segue al 30 per cento, mentre Lega Nord e Forza Italia si fermano entrambi al 12 per cento. Rebus sic stantibus, i giochi sembrano fatti. L’offerta politica italiana, che sembrava dislocarsi su tre poli, vira e torna al bipartitismo. L’ingenuità - ma l’espressione è fin troppo generosa - di chi ha invitato a scegliere Virginia Raggi e Chiara Appendino, pur di fare un dispetto a Matteo Renzi, ha contribuito ad accentuare, com’era immaginabile, tutte le ambiguità, rendendo visibile la prospettiva d’irrilevanza delle forze di centro che guardano a destra. Del resto, quando accrediti un avversario giovane e ammiccante, lo accrediti per sempre, specie se quello è ben attento a nascondere quali sono i suoi avversari.

L’esito dei ballottaggi e la simulazione dei sondaggi attestano anche un’altra certezza: con l’Italicum, l’eventuale ballottaggio Pd-M5S sarebbe ampiamente vinto dal Movimento 5 Stelle, a meno di non voler trasferire il premio di maggioranza dal partito alla coalizione vincente. In questo caso, i giochi si riaprirebbero. D’innanzi a questo scenario, il centrodestra continua a muoversi come se nulla fosse successo. Si preoccupa soprattutto di tenere vivo il residuo rapporto con Matteo Salvini, sperando di ricostituire il fronte unico di centrodestra del passato, guidato da Forza Italia. Ignora, però, che le posizioni assunte dalla Lega, nel contesto europeo ed internazionale, sono ormai pressoché incompatibili con le posizioni dei partiti che si riconoscono nel Partito Popolare Europeo. Se Forza Italia non prende atto che il sistema politico italiano è completamente cambiato, da quando M5S ha saputo imporsi come il primo e più pimpante oppositore al Governo Renzi, aggraverà ulteriormente la propria condizione di marginalità ed ininfluenza. L’allineamento di Forza Italia e 5 Stelle in un fronte unico contro la riforma costituzionale di Renzi, finirà poi per confondere ancora di più l’identità dei singoli partiti ed ingigantire il consenso nei confronti del partito di Grillo.

Se il centrodestra continua a ragionare come se le dinamiche partitiche si dispiegassero ancora sull’asse destra/sinistra, dove l’elettorato di destra è chiamato a fare, come per tradizione, una scelta di campo di tipo ideologico, non ci sarà storia. Infatti, da quando gli elettori di destra sono stati invitati ad esprimersi favorevolmente anche nei confronti del M5S, lo schema si è rotto. Il Movimento 5 Stelle esercita un’asfissiante e poderosa azione di contrasto contro il potere costituito, sia esso di destra o di sinistra. Oggi l’avversario è Renzi. Sarebbe stato Silvio Berlusconi qualche anno fa, allo stesso modo. Il grillismo non guarda ai fini e contesta i metodi della politica, attraverso la predicazione dell’unico verbo dell’onestà. In questo modo, attraverso un’operazione elementare, così poco originale per una democrazia, isola e scherma i 5 Stelle dal residuo mondo della partitocrazia, relegata com’è nell’oscurità del passato, della “disonestà”, del vecchio che ha reso povera l’Italia.

M5S, Forza Italia e Lega sono schierati oggi in Parlamento dalla stessa parte, quella dell’opposizione. Competono nello stesso campo, ma non hanno nessuna possibilità di formare una coalizione. Quando arriverà il tempo di schierarsi, alle elezioni politiche, contro il partito di Renzi, ognuno andrà per la sua strada, in totale solitudine, mentre Forza Italia resterà schiacciata tra il “purismo” dei 5 Stelle, l’“antieuropeismo” identitario della Lega e il “moderatismo” del partito renziano. Un prospettiva non avvincente, da tutti i punti di vista.

Fedele Confalonieri, presidente Mediaset, con la sua recente uscita su La Stampa, dove chiede di riconsiderare il rapporto con il partito di Renzi, mostra se non altro di aver capito la singolarità dell’attuale sistema partitico. L’uscita infatti va letta nel contesto politico, piuttosto che in quello “aziendale”. Il ritorno al Nazareno da parte di Berlusconi non pare attuale, né di pratica utilità. Semmai, si potrebbe discutere con Renzi dell’aggiornamento dell’Italicum. In ogni caso, sarà l’esito del referendum costituzionale a segnare un passaggio cruciale. Se vinceranno i “no” ci sarà un sicuro perdente: Matteo Renzi, per la gioia di D’Alema, Bersani e Salvini. Ma, tra i vincenti, non ci sarà Forza Italia. Il vero e unico vincitore sarà ancora una volta il Movimento 5 Stelle che, con l’aiuto di Salvini e Berlusconi, avrà rimosso il vero, unico, ostacolo sulla strada verso Palazzo Chigi.

Del resto, di fronte all’inarrestabile “nuovismo” che monta, Berlusconi, Bersani e D’Alema rappresentano la partitocrazia, mentre Salvini, antieuro e antiemigrazione, pare votato a percorrere il lunghissimo viaggio che Jean-Marie e Marine Le Pen stanno compiendo, Oltralpe, da più di cinquant’anni.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:58