“Raggi” solari e ingenuità della destra

Il messaggio di Silvio Berlusconi lanciato in occasione del ballottaggio del 19 giugno per il rinnovo del sindaco di Roma è molto chiaro: “Voterò scheda bianca” ha detto, prima di ricoverarsi al San Raffaele per un delicato intervento al cuore. Non si tratta di una non scelta, il gesto pilatesco di chi perde e non sa che pesci prendere. Nella sua scontata ovvietà, appare come un messaggio chiaro che guarda lontano. Più che una non scelta esprime una duplice scelta, con due no identici: a Matteo Renzi ed a Beppe Grillo, con la stessa identica intensità, senza distinguo, senza alcuna venatura di simpatia o antipatia per nessuno.

Renato Brunetta, capogruppo alla Camera, pur dichiarando il non voto, manda invece un altro messaggio, lasciando intendere che il suo avversario è uno solo: il Partito Democratico. Berlusconi e Brunetta finiscono così per esprimere due diverse linee di pensiero, che solo apparentemente sembrano uguali, mentre, in realtà, suonano in modo molto diverso e rischiano di creare ulteriore confusione in casa Forza Italia. Brunetta manda a dire: non voto né Roberto Giachetti né Virginia Raggi, ma tra i due preferisco la Raggi, perché “rappresenta una vera ventata di novità per la politica italiana”. Quasi un endorsement per il Movimento Cinque Stelle. Allo stesso modo Ignazio La Russa, pur dichiarando di votare scheda bianca, riconosce che “pur non essendo la nostra preferita la Raggi, votandola non si andrebbe contro i nostri valori”. Infine Matteo Salvini, in modo inequivocabile: “Io dico a chi mi ascolta di votare contro il Partito Democratico”.

In tutte le componenti del centrodestra, con l’eccezione del Cavaliere, c’è una palese e dichiarata simpatia, quando non un vero e proprio sostegno, per i candidati del Movimento 5 Stelle, senza sapere che in politica, anche le manifestazioni di simpatia si trasformano in veri e propri comportamenti di rilevanza politica. Il modo misurato con cui la Raggi racconta la sua visione del presente e del futuro di Roma sono un messaggio rassicurante per ogni tipo di elettore “moderato”, di destra e di sinistra. L’esito del primo turno e le vicende dell’ultima Giunta Marino porteranno quasi sicuramente M5S a governare la Capitale d’Italia. Non è questo un esito di poco conto, da prendere sottogamba, abbandonandosi a generosi gesti di simpatia. Un sindaco M5S al governo di Roma, infatti, non è ininfluente sulle conseguenze che l’evento causerà nel contesto dell’intero sistema politico italiano.

Dopo Roma, M5S si candiderà a governare l’Italia e ne sarà perfettamente legittimato anche per effetto degli endorsement incassati. Nell’ambito di una consultazione politica nazionale, più che le simpatie conteranno la cultura politica di riferimento, le affinità ideali, le scelte strategiche europee ed internazionali, ma, l’eco delle manifestazioni di simpatia riscosse giocheranno, anche in questo caso, in favore del partito di Grillo ed a svantaggio sia del Pd che del centrodestra. Tra il populismo di Salvini e il populismo di Grillo c’è una differenza abissale. Il modo di rivolgersi al popolo o ai “cittadini”, con toni forti e demagogici sottende, nei due casi, obiettivi molto diversi. Salvini si rivolge ad un elettorato che, per quanto stremato, continua a riconoscersi nelle istituzioni italiane, i grillini invece esprimono una vera e propria contestazione di sistema, in fondo alla quale non c’è solo il cambio di una maggioranza politica, ma un vero e proprio mutamento di “regime”.

Quando il Movimento 5 Stelle si propone come l’unico movimento capace di rappresentare la cittadinanza: il solo partito in grado di dare voce ai cittadini. Quando contesta nella sua integralità il sistema dei partiti storici, con le loro identificazioni ideologiche del Novecento. Quando, nel privilegiare i “cittadini”, individualmente presi e considerati, manifesta la propensione a disconoscere la dignità di un popolo plurale e l’identità di una nazione. Quando la declamazione della cittadinanza evoca un’entità unitaria, indistinta, omogenea, indifferenziata, in alternativa all’idea plurale di popolazione. Quando il Movimento 5 Stelle rifiuta apoditticamente ogni forma di “contaminazione” con i partiti tradizionali. Quando dichiara di privilegiare le forme di democrazia diretta assicurate dal Web, in alternativa alle forme tradizionali della democrazia rappresentativa. Quando dichiara di preferire la “piazza” quale unico, vero luogo, non strumentalizzabile della democrazia. Quando dichiara di rifiutare il principio del divieto del mandato imperativo. Quando propone indirettamente la subordinazione dei suoi parlamentari a Grillo ed al suo direttorio. Quando, nel proporre l’uscita dall’Eurozona, aderisce al gruppo parlamentare europeo denominato “Europa della Libertà e della Democrazia Diretta” di Nigel Farage, leader dell’Ukip britannico, che propone l’uscita della Gran Bretagna dall’Europa.

Di tutte queste inquietanti e ambigue implicazioni ne sono coscienti Brunetta, La Russa e Salvini che esprimono legittimi responsi di simpatia per il Movimento Cinque Stelle? Il modo di porsi misurato, rassicurante e solare della Raggi, è evidente testimonianza di un’arguta strategia comunicativa. Per questo, lo straordinario risultato che il Movimento 5 Stelle presumibilmente conseguirà, nell’andare a ricoprire la carica di sindaco della Capitale d’Italia, dovrebbe consigliare maggiore cautela in tutti quelli che rischiano di concorrere ad accrescere la legittimazione di un Movimento, che si legittima già abbondantemente da solo, attraverso l’erosione progressiva dell’elettorato tradizionale di destra e di sinistra, nonostante le ambiguità “autoritarie” che la sua presuntuosa identità olistica nasconde.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:58