I ballottaggi possono<br/ >schiodare Renzi

Nessuno si è mai posto l’interrogativo se Matteo Renzi debba dimettersi in caso di sconfitta dei candidati sindaci del Partito Democratico nei ballottaggi del 19 giugno. Non solo perché non esiste una qualche connessione di natura istituzionale tra le elezioni amministrative e la stabilità del governo nazionale. Ma soprattutto perché nessuno pensa sul serio che l’attuale Presidente del Consiglio possa essere minimamente spinto a gettare la spugna e ad uscire da Palazzo Chigi nel caso di una scivolata nei ballottaggi comunali. Renzi si è praticamente inchiodato alla poltrona di capo del Governo ed è facile immaginare che se ne distaccherà solo nel caso di significativa sconfitta al referendum sulla riforma costituzionale.

Il fatto stesso che il Premier abbia avvertito la necessità della sua indisponibilità alle dimissioni nell’eventualità di ballottaggi negativi indica, però, che l’assenza di un obbligo istituzionale in una tale circostanza non riduce di un millimetro il problema politico che si determinerebbe se Sala, Giachetti e Fassino dovessero perdere rispettivamente a Milano, Roma e Torino.

Fino ad ora a spingere Renzi nella sua irresistibile ascesa è stata l’aura di infallibilità che lo stesso Premier ha costruito attorno alla propria persona. Prima nella conquista della Provincia di Firenze, poi in quella di Palazzo Vecchio, successivamente nella rottamazione di Massimo D’Alema simbolo della “vecchia guardia” del Pd , in seguito nella marginalizzazione di Pier Luigi Bersani, nella liquidazione di Enrico Letta e nella espulsione dal Senato di Silvio Berlusconi, Renzi può legittimamente vantarsi di non aver mai sbagliato un colpo. Se però i candidati del Pd dovessero uscire sconfitti dai ballottaggi, quest’aura, che è diventata il tratto caratteristico del personaggio, incomincerebbe fatalmente ad evaporare trasformando una battaglia referendaria, che in partenza appariva in discesa, in una scalata di sesto grado superiore piena di pericolosissimi trabocchetti.

Una eventuale sconfitta ai ballottaggi, in sostanza, può diventare una inquietante anticipazione di una rovinosa sconfitta al referendum, destinata a schiodare Renzi da Palazzo Chigi e ad avviare una nuova e diversa stagione politica.

Ipotesi azzardata? Può essere. Ma perché (ed il rifermento riguarda il centrodestra) non prepararsi per tempo ad un’eventualità del genere?

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 18:56