Leadership plurale  per il centrodestra

La libertà di voto lasciata ai propri elettori da parte degli esponenti del centrodestra, da Silvio Berlusconi a Matteo Salvini ed a Giorgia Meloni, è un’apertura non dichiarata ma di fatto ai candidati al ballottaggio del Movimento Cinque Stelle. E, al tempo stesso, è la pietra tombale sul progetto del “Partito della Nazione” di Matteo Renzi fondato sulla presunzione che gli elettori del centrodestra si sarebbero presto o tardi convertiti al renzismo convinti che il Premier sia l’erede naturale del Cavaliere.

Può essere che, in cambio di questa apertura alla Raggi ed alla Appendino, chi ha votato per i grillini a Milano, a Bologna e nella altre città dove i Cinque Stelle sono al ballottaggio converga sui candidati di centrodestra che sfidano quelli del Pd. Ma anche se così non fosse è un dato difficilmente contestabile che l’elettorato moderato abbia cancellato in maniera decisiva l’ipotesi di turarsi il naso e votare Pd per fare muro contro l’avanzata grillina e dare a Renzi la possibilità di rimanere al potere nei prossimi dieci anni.

La dimostrazione più evidente di questa indisponibilità assoluta dell’elettorato di centrodestra a diventare il supporto del regime renziano è data dal totale fallimento delle liste promosse da Denis Verdini e da Angelino Alfano. Il voto di Roma e quello di Napoli dimostrano che il centro che vira a sinistra va a liquefarsi mentre il voto di Milano insegna che quando il centro rimane nel centrodestra conserva i propri consensi. E che il quadro politico presente in Parlamento, dove i transfughi del centrodestra sono indispensabili per la tenuta del governo, è totalmente diverso da quello presente nel Paese dove alfaniani e verdiniani risultano essere non solo ininfluenti ma addirittura dannosi per il partito del Premier.

Sulla fine dell’illusione del Partito della Nazione, alchimia nata nelle stanze del potere non solo italiane ma anche straniere, può ripartire la riorganizzazione dell’area del centrodestra. Non importa se l’antirenzismo possa portare in una primissima fase a favorire la vittoria dei grillini in alcune città italiane, Roma in primo luogo. L’importante è che sul “no” al regime personale del Premier si innesti un progetto politico fondato su idee chiare sulle due grandi emergenze di fondo del Paese, quella dell’immigrazione totalmente incontrollata e quella di una crisi economica destinata a durare all’infinito se lasciata ancora gestire dai “poteri forti” di una Europa pangermanica ed antimediterranea.

Per il centrodestra, naturalmente, c’è anche un problema di leadership. Ma la rottamazione di Berlusconi da parte di Salvini e della Meloni è fallita. E la circostanza rilancia di fatto la leadership plurale del fronte moderato antirenziano, una leadership plurale in cui il ruolo centrale rimane quello del Cavaliere ed in cui si inseriranno altri e nuovi soggetti oltre ai leader della Lega e di Fratelli d’Italia.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:07