
La campagna referendaria non è ancora ufficialmente iniziata ma Matteo Renzi, che l’ha aperta con larghissimo anticipo con l’obiettivo di trasformarla in un plebiscito sulla sua persona, l’ha già portata ad un livello grottesco. Lo ha fatto indossando i panni del generale Cadorna, quello che nella Prima guerra mondiale applicò il metodo della decimazione per frenare la ritirata dopo Caporetto, e spiegando all’assemblea della Coldiretti che votando “sì” nel referendum per la riforma costituzionale si realizzerà una decimazione accelerata della classe politica. Cadorna faceva fucilare un soldato su dieci. Renzi assicura che liquiderà un politico su tre. La faccenda sembra aver molto colpito i coltivatori diretti il cui presidente si è affrettato ad assicurare Renzi che la sua organizzazione voterà “sì”. Ma il Premier farebbe bene a non sentirsi troppo rassicurato dalle promesse degli agricoltori, che non portano più le scarpe grosse di un tempo ma continuano ad avere lo stesso cervello fino. Perché non ci vuole tanta finezza intellettuale per capire che la promessa di Vincenzo Gesmundo, il capo di Coldiretti, è stata data per convenienza e non per convinzione. Neppure i villici dei tempi passati avrebbero mai bevuto la panzana demagogica della decimazione accelerata esibita da Renzi per colpire l’uditorio. La riforma costituzionale, con cui il Presidente del Consiglio conta di trasformarsi in Premier senza contrappesi, non comporta affatto l’eliminazione di un politico su tre ma solo la riduzione dei senatori dagli attuali trecento a cento. Il che può forse avere un qualche valore simbolico per chi non trova contraddittorio che un politico di professione proclami la assoluta volontà di liquidare un professionista della politica su tre (perché non tre su tre?). Ma non ha alcuna conseguenza pratica visto che il Senato rimane in piedi con tutte le sue strutture ed i suoi dipendenti.
Semmai l’enfasi con cui Renzi ha indossato i panni di Cadorna promettendo lo sterminio dei suoi pari suscita un timore niente affatto peregrino. Non è che quando Renzi dice “un, due, tre morto!” il nostro aspirante Premier stia pensando che il ruolo del terzo morto debba spettare sempre e comunque ad un suo avversario?
Il sospetto poggia su indizi concreti. Il nemico Silvio Berlusconi è stato espulso dal Parlamento, l’avversario Enrico Letta è stato costretto all’esilio a Parigi, i predecessori Massimo D’Alema e Walter Veltroni sono stati rottamati in maniera brutale, l’ex concorrente Pier Luigi Bersani è stato costretto a svolgere il ruolo di necroforo della “ditta”. E non c’è un solo esponente politico, dirigente dello Stato o uomo di punta del privato che non sia convinto che quando Renzi parla del “terzo morto” stia pensando solo ed esclusivamente a qualche avversario da sistemare. Per restare solo al comando in una democrazia decidente trasformata fatalmente in democrazia autoritaria. Dove la democrazia è la forma e l’autoritarismo personale è la sola sostanza che conta.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:07