Il caso Thyssen e la giustizia vendicativa

Nessuna sentenza di condanna, neppure la più pesante, potrebbe riportare in vita i sette operai morti nel rogo della Thyssen. Se anche i giudici della Cassazione avessero comminato l’ergastolo ai quattro condannati italiani ed ai due tedeschi, le famiglie delle vittime non solo non avrebbero mai potuto riabbracciare i loro cari ma non sarebbero comunque riusciti a colmare il vuoto di dolore provocato dalla scomparsa dei loro congiunti. Forse avrebbero soddisfatto in qualche misura la loro naturale e comprensibile voglia di vendetta. Ma nessuna condanna esemplare li avrebbe mai potuto risarcire di una sofferenza destinata a segnare sempre e comunque il resto delle loro vite.

Sul piano umano e personale, dunque, la reazione dei parenti delle vittime alle condanne dei dirigenti italiani e tedeschi della Thyssen è più che comprensibile. Ed è sembrata ingiustificata la polemica che sulla Rete alcuni difensori dei condannati ha scatenato nei loro confronti, accusandoli di aver rovinato le vite di chi è finito in carcere e delle loro famiglie.

Ma la sentenza per il rogo della Thyssen non può essere giudicata solo dal punto di vista dei congiunti delle vittime. Perché la loro è comunque una posizione condizionata dalla insopprimibile spinta ad una forma di risarcimento molto simile alla vendetta. E la giustizia non dovrebbe mai diventare il braccio armato delle vendette private, ma la forza esercitata dallo Stato per garantire sempre e comunque i diritti dei cittadini.

Nel caso del processo per il rogo alla Thyssen è stato applicato il criterio della vendetta o quello delle garanzie? L’ex Procuratore Raffaele Guariniello ha sostenuto che la sentenza ha un valore “preventivo”. Nel senso che d’ora in avanti le aziende ci penseranno due volte prima di non applicare le regole sulla sicurezza degli impianti. Ma neppure il criterio del condannarne sei per educarne cento rientra nella giustizia che lo Stato deve assicurare in nome del popolo italiano. Ed il fatto stesso che si possa attribuire ad una sentenza un valore ammonitorio ed educativo rischia di alimentare l’impressione che il caso Thyssen sia la spia di un fenomeno ormai dominante nel sistema giudiziario nazionale. Quello della giustizia che non è la tutela dei diritti, ma l’applicazione della vendetta privata diventata pubblica sulla spinta di un furore mediatico motivato da semplici ragioni commerciali.

Purtroppo la giustizia vendicativa uccide la giustizia giusta. E non è detto neppure che serva a prevenire nuovi reati. Perché, almeno per quanto riguarda il caso Thyssen, servirà solo a distogliere gli investitori stranieri a creare nuove imprese in Italia.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:06