
Dunque l’ultimo colpo al terrorismo di stampo jihadista è stato portato il 10 maggio dalla Dda di Bari con l’arresto di due cittadini afghani ed un pachistano appartenenti ad una cellula terroristica apparentata con lo Stato islamico. L’episodio ha suscitato come al solito variegati commenti che, anziché tranquillizzare i cittadini sul sostanziale controllo della situazione da parte delle istituzioni - magistratura e polizia - contribuiscono a risvegliare paure che poi man mano si assopiscono con il fluire tranquillo dei giorni successivi.
Proviamo allora a fare qualche riflessione che ci aiuti a meglio interpretare i fatti accaduti ed a valutare in maniera più fredda ed equilibrata gli aspetti di sicurezza reale più che la percezione della stessa, alterata da emotività ed istinto. Intanto l’episodio riguarda una cellula di dimensioni non trascurabili e non un singolo individuo auto-radicalizzato. È una prima distinzione non secondaria, se è vero che la nuova filosofia della jihad teorizzata nel 2005 da Abu Musab al-Suri, invitava ed invita i credenti alla jihad individuale come forma principale di organizzazione. La struttura gerarchica di qualunque tipo infatti sarebbe fatalmente destinata a fallire proprio perché penetrabile e neutralizzabile. E tuttavia i nostri investigatori hanno messo a punto metodologie di indagine ugualmente efficaci, valide per individuare i processi di auto-radicalizzazione, e per interromperli prima che la situazione precipiti.
In secondo luogo, si è dimostrata determinante la collaborazione dei cittadini. L’episodio di Bari ha preso avvio dalla segnalazione di comportamenti anomali dei presunti terroristi in un supermercato. Questo tipo di collaborazione è proprio quello che le forze dell’ordine auspicano come forma mentis di ognuno; le forze per far tutto da soli, ponendo sotto attenzione i sospetti, potrebbero non essere più sufficienti. Aiutiamo quindi gli investigatori, soprattutto chi ha più prossimità con gli ambienti a rischio, con particolare riguardo al mondo musulmano. In questo contesto non si sottolineerà mai a sufficienza la nefasta influenza esercitata da chi promuove la colpevolizzazione e la marginalizzazione del mondo islamico, un mondo che va accuratamente tenuto dalla nostra parte anziché spingerlo nelle braccia jihadiste, pronti a dare sfogo all’odio di ritorno a lungo accumulato.
Uno sguardo poi al vissuto di ognuno degli arrestati: ancora una volta gli spostamenti aerei emergono come importante elemento di considerazione da parte degli analisti, ormai maestri nell’attribuzione del giusto valore ai movimenti ed alle destinazioni di volta in volta prescelte; in tal senso Istanbul si conferma un Hub inevitabile, un crocevia da tenere sotto costante attenzione, insieme ad altri punti nevralgici in Turchia. Vi è poi ulteriore conferma, semmai ve ne fosse bisogno, che la procedura Pnr (Passenger Name Record) recentemente entrata in vigore nell’Unione, si rivelerà strumento fondamentale di intelligence preventiva, soprattutto nell’individuazione dei foreign fighters. Procedura che, ricordo, riguarda la registrazione e la conservazione per l’analisi, dei dati passeggeri in volo da e per i Paesi europei, così come all’interno dall’Europa.
Un’ultima riflessione sull’organizzazione di contrasto al terrorismo: poco più di un anno fa è entrato in vigore il cosiddetto Decreto Antiterrorismo, un provvedimento che contiene nuove fattispecie di reato oltre a misure di carattere organizzativo sulla cui validità si può forse già tracciare un consuntivo. E tuttavia, per ora solo in via presuntiva, continuo ad essere convinto che sia venuto a mancare al legislatore il coraggio o la semplice volontà di rafforzare l’apparato giudiziario preposto alle indagini, oggi nelle mani delle Procure distrettuali anziché, come sarebbe stato giusto, in quelle di una Procura nazionale antiterrorismo. La forma di criminalità è troppo peculiare per non essere trattata da magistrati specializzati e dedicati in toto al suo contrasto; parlare di coordinamento dei distretti da parte di una Procura Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo, come oggi accade, è utopia, depotenzia significativamente il principale strumento di indagine ed introduce nei procedimenti isteresi e diminuita efficacia. È difficile dimenticare quanto accadde qualche anno fa a Napoli, quando alcuni appartenenti al “Gruppo salafita per la predicazione ed il combattimento” furono lasciati liberi perché il gruppo non fu ritenuto dal magistrato inquirente una organizzazione terroristica. Evitiamo per favore che simili errori si ripetano anche sotto forma di una lettura più sgrammaticata dei fatti e della loro potenzialità letale.
(*) Ex Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:02