L’ipocrisia renziana e la magistratura politicizzata

Ma un magistrato membro del Consiglio Superiore della Magistratura può dichiarare di essere contrario ad una riforma costituzionale che a suo parere può portare ad una involuzione autoritaria della democrazia? E può aggiungere che a suo parere bisogna fermare il leader deciso a realizzare la democrazia autoritaria? Certo che può! Perché, come ci è stato spiegato ossessivamente da trent’anni a questa parte da tutti quelli che hanno creduto e sostenuto la teoria della via giudiziaria alla rivoluzione politica e sociale, anche per i magistrati vale l’articolo 21 della Costituzione, quello che garantisce a tutti i cittadini la libertà d’espressione e d’opinione.

C’è una grande ipocrisia sulla vicenda dell’ex Pm palermitano ed esponente di Magistratura Democratica, Piergiorgio Morosini, che ha attaccato frontalmente la riforma costituzionale e Matteo Renzi annunciando la sua intenzione di battersi nel referendum in favore del “no”. A negargli il diritto di poter esprimere le proprie convinzioni politiche in quanto componente del Csm, sono gli stessi che negli ultimi tre decenni hanno usato l’articolo 21 della Costituzione a difesa ed a giustificazione di qualsiasi forma di violazione da parte delle toghe della tripartizione dei poteri nello stato di diritto e di esondazione e supplenza della magistratura nei confronti della politica.

A giustificazione ed a sostegno della propria ipocrisia i contestatori di Morosini, che poi sono gli attuali dirigenti renziani del Partito Democratico, sostengono una tesi ancora più ipocrita e bizzarra. A loro modo di vedere era giusto sostenere le esondazioni delle toghe politicizzate ai tempi di Berlusconi perché il Cavaliere faceva leggi contrarie alle richieste ed alle iniziative dei magistrati. Ma oggi hanno torto i magistrati che pretendono di essere liberi di poter manifestare opinioni politiche e di decidere di combattere le posizioni di Renzi perché il Governo non ha prodotto leggi ad personam e, anzi, si piega puntualmente a tutte le richieste di accentuazione di repressione giudiziaria provenienti dal mondo della magistratura.

La tesi dei renziani al potere, cioè di quelli che hanno sempre giustificato l’uso politico della giustizia da parte dei magistrati politicizzati, è che in cambio delle concessioni governative sulla legislazione repressiva le toghe debbono rinunciare all’articolo 21 per non disturbare il manovratore. Tutto questo provoca un curioso effetto. Tra i magistrati ideologicamente impegnati incomincia a serpeggiare il sospetto che si stava meglio quando si stava peggio e la convinzione che il regime renziano è decisamente più pericoloso di quello berlusconiano!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:08