Se Silvio Berlusconi dice la sua

Silvio Berlusconi prende carta e penna e scrive a “Il Giornale” per fare chiarezza su Forza Italia. Il clima da “ultimi giorni di Pompei”, insufflato da certa stampa interessata, non si addice all’immagine di un grande partito. E sarebbe oltremodo ingiusto ridurre il travaglio di una comunità politica a una barzelletta o uno spettegolare di comari. Quindi, la lettera di Berlusconi va considerata come un atto politico significativo, degno della massima attenzione.

Il leader di Forza Italia, riassumendo la storia del partito, fissa alcuni punti cardinali in vista di un possibile riposizionamento strategico. Primo. La scelta di Guido Bertolaso per Roma è solo la migliore risposta alla domanda di competenza e capacità formulata dall’elettorato capitolino. Non c’entra nulla con gli scenari politici nazionali, in particolare con la definizione di un’ipotetica nuova leadership del centrodestra.

Secondo. Forza Italia non è la “destra”, ma un movimento liberale inserito nella tradizione del popolarismo europeo, alternativo alla sinistra, che negli anni è stato alleato della destra “come lo sono le forze politiche del Ppe più o meno in tutta Europa”.

Terzo. Se oggi il centrodestra ha smesso di vincere è perché una parte dei suoi elettori si è ritratto nell’astensionismo per molteplici ragioni, la prima delle quali è l’acrimonia di una magistratura vendicativa che è riuscita nell’intento di espellerlo dalla vita istituzionale. Concause della progressiva perdita di appeal presso il proprio elettorato sarebbero: l’azione ostile dei “giornaloni”, il freno imposto al processo riformatore dall’atteggiamento ambiguo di alcuni ex-alleati e l’inimicizia dei massimi vertici istituzionali, leggi: inquilini del Quirinale.

Quarto. La discussione interna a Forza Italia non è fattore debilitante ma, al contrario, è indice di salute per la dinamica, talvolta vivace e scomposta, di un movimento che sa ritrovarsi al momento della sintesi. Sintesi della quale lui, Berlusconi, è l’unico responsabile e garante.

Tutto giusto, ma qualche precisazione è d’obbligo. Berlusconi oggi ripiega verso un’interpretazione minimalista della storia del suo partito dichiarando che Forza Italia ha stretto alleanza con la destra. Detta così sembrerebbe una robetta in stile “Prima Repubblica”: bipartito, tripartito, pentapartito. Se era così allora perché non mettere un trattino tra le parole centro e destra? Berlusconi non deve dimenticare che la fama di padre del bipolarismo l’ha guadagnata provando ad inglobare in un unico contesto di gioco numerose anime, tra loro confliggenti sebbene schierate dalla stessa parte del campo. Il PdL nasceva per questo intento. Se non si raggiunse l’obiettivo fu perché altri si sottrassero al progetto. Berlusconi sostiene che l’alleanza tra il centro e la destra sia un fattore ricorrente sullo scenario europeo. Non è così. Anzi, è vero l’opposto. Ovunque la destra moderata è in contrapposizione frontale con la destra radicale. Ancora una volta Berlusconi nega a se stesso il merito di un’intuizione originale: il fatto che correnti ideologiche con differenti Dna e altrettanto differenti “Weltanschauung” potessero produrre comunque azione di governo ancora oggi è la felice “anomalia” del centrodestra italiano.

A proposito dell’analisi della cause, il vecchio leone di Arcore ha ragione: non si può liquidare l’argomento in un articolo di giornale. Ma neppure si può semplificare troppo costruendo un nesso causale esclusivo tra il calo dei voti al centrodestra e l’incremento dell’astensione. E il 25 per cento dei consensi il movimento di Grillo dove li ha presi? Tutti a sinistra? Nove milioni e passa di voti persi per strada negli ultimi sette anni meritano un supplemento d’indagine. A cominciare da un’approfondita analisi della crisi della rappresentanza politica. Visto che ha cominciato, Berlusconi scriva ancora perché parlare fa bene ma riflettere in pubblico fa ancora meglio.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:00