
Avrà un altissimo valore simbolico l’annunciato viaggio di Papa Francesco nell’isola greca di Lesbo, diventata il punto di approdo preferito da tutti quelli che fuggono dalla guerra, dalla fame e dalle persecuzioni in Siria. Se con la visita a Lampedusa il Pontefice ha voluto indicare che il tema dell’accoglienza è il tratto caratterizzante del suo papato, con quella a Lesbo manifesterà la netta contrarietà della Chiesa nei confronti delle politiche di chiusura con cui i singoli Paesi europei e l’Unione nel suo complesso cercano di affrontare il problema dei rifugiati. Con la visita nell’isola greca, in sostanza, il Papa esprimerà il suo profondo dissenso nei confronti dei muri, dei respingimenti, delle espulsioni, della trasformazione dei campi d’accoglienza in campi di detenzione e nel tentativo dei Paesi europei di tenere lontana l’invasione dei migranti siriani pagando la Turchia perché le masse dei profughi vengano rinchiuse nei lager dell’Anatolia.
È grande il valore simbolico del messaggio di critica all’Europa che Francesco lancerà da Lesbo, ma è nullo il suo valore pratico. La denuncia della grettezza, dell’ipocrisia e dell’egoismo europeo servirà a stringere i rapporti con la chiesa ortodossa greca, ben felice di sfruttare l’occasione per aiutare il proprio governo a pretendere dall’Unione europea gli stessi stanziamenti dati alla Turchia per la gestione dei migranti. Ma non consentirà di compiere un solo passo in avanti nell’individuazione di una soluzione concreta del problema gigantesco posto dal fenomeno delle emigrazioni di massa verso il Vecchio Continente.
Per dare un valore concreto al valore simbolico servirebbe che alla denuncia della ignavia europea Papa Francesco aggiungesse anche una proposta realistica di via d’uscita dalla drammatica questione. Ma questa proposta non c’è. O meglio, esiste e consiste nell’idea dell’accoglienza senza regole e condizioni. Il tutto non solo in nome della misericordia nei confronti degli ultimi, ma anche dell’idea che nel corso di tremila anni di storia l’Europa ha subìto in continuazione invasioni migratorie riuscendo a superarle sempre e comunque.
A dispetto della misericordia e di un’interpretazione bislacca della storia europea, però, è un fatto che se l’alternativa all’egoismo europeo è l’accoglienza indiscriminata il problema sia destinato a rimanere irrisolto e ad incancrenirsi in maniera devastante. Si dirà che non spetta al Papa trovare soluzioni concrete, compito che rientra nelle competenze dei governi. Ma non spetta neppure al Pontefice la funzione di rendere ancora più difficile il compito dei governi proponendo una formula che salva le coscienze di chi la sostiene ma aggrava a dismisura la questione sul tappeto. L’accoglienza incontrollata produce ghetti, conflittualità, mancata integrazione. Obbliga i migranti che non riescono a trovare lavoro a rifugiarsi nella criminalità ed a riempire le carceri trasformate in brodo di coltura del terrorismo estremista.
Per questo sarebbe auspicabile che nella misericordia del Papa ci fosse anche un pizzico di realismo!
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:06