Renzi ed il marchio che uccide

Se Matteo Renzi vuole schiantarsi dal ridere quando lo accusano di guidare il Governo delle lobby lo faccia pure. Ma dopo essersi schiantato si tranquillizzi ed incominci a riflettere sulla circostanza che un’etichetta del genere rischia di schiantarlo sul serio. Non per eccesso di risa ma per mancanza di voti.

Il Presidente del Consiglio dimentica troppo spesso di essere entrato a Palazzo Chigi senza alcuna legittimazione popolare. Ha vinto le primarie del Partito Democratico ed è diventato segretario del proprio partito ma non si è mai misurato in una competizione elettorale nazionale in qualità di leader di una formazione politica decisa a raccogliere i voti necessari per governare il Paese.

Le europee, vinte da Renzi con largo margine sui concorrenti, non fanno testo. Sono da sempre elezioni anomale che non incidono in alcuna maniera sugli equilibri politici interni.

Il Premier, quindi, deve ancora ottenere dal corpo elettorale l’incarico di guidare un esecutivo. Per il momento esercita questa funzione contando sulla legittimazione ottenuta a suo tempo dal Pd di Pier Luigi Bersani e da quei parlamentari che sono stati eletti nelle file del centro destra e successivamente hanno scelto di seguire un indirizzo diverso da quello avuto dai propri elettori. Ma alla fine della legislatura in corso, non importa se alla scadenza prevista del 2018 o prima del termine naturale, dovrà presentarsi di fronte al corpo elettorale e chiedere i consensi necessari per continuare a governare. Ed è per questo che deve attentamente riflettere se gli convenga ridere sull’etichetta appioppata al suo Governo di essere al servizio delle lobby o, addirittura, rivendicare orgogliosamente di aver voluto lui l’emendamento favorevole alle gradi compagnie petrolifere o di preferire Sergio Marchionne a qualsiasi esponente sindacale.

Nessuno dubita che la decisione di Renzi di assumere la piena personale responsabilità della subordinazione del Governo agli interessi delle grandi lobby serva a tenere a bada la tempesta di polemiche scoppiate sul caso Guidi. Il Premier fa da parafulmine e nel breve periodo la sua può risultare una tattica vincente. Ma una volta passata la buriana sarà difficile impedire che il suo venga definitivamente bollato come l’esecutivo dei superpoteri economici e finanziari.

Quanto incide in termini elettorali questo marchio? Mario Monti, che era apparso agli occhi degli elettori come l’uomo dei poteri forti europei, grazie a quell’etichetta è stato praticamente espulso dalla scena politica nazionale. Se non corre ai ripari Renzi può fare la stessa fine!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:04