
I sondaggi hanno indicato che la maggioranza degli italiani è contraria ad un qualsiasi intervento in Libia e Matteo Renzi ha finalmente trovato una linea da seguire sulla scottante questione annunciando che fino a quando resterà a Palazzo Chigi l’Italia non parteciperà a guerre di sorta.
L’annuncio del Presidente del Consiglio ha avuto come effetto la sordina immediata dei media sulla sempre più marcata presenza dell’Isis lungo la sponda meridionale del Mediterraneo. Come se il pericolo per il nostro Paese, distante solo duecento miglia, dagli avamposti del Califfato fosse improvvisamente dissolto. Certo, si parla ancora dei tecnici rientrati in patria e dei corpi dei loro compagni ancora nelle mani di autorità libiche che mercanteggiano sulla consegna dei morti per avere un minimo di visibilità internazionale. Ma il caso Isis è ormai derubricato a vicenda marginale. Tanto più che l’ambasciatore americano ha smentito di aver mai chiesto all’Italia di mandare cinquemila uomini nello scatolone di sabbia lasciando intendere che per gli Usa, al momento, è meglio lasciar tranquillo Renzi a fare il pacifista in vista delle elezioni amministrative piuttosto che forzare la mano e creare instabilità nel governo italiano.
La cortina fumogena che il mondo dell’informazione innalza su un tema che Renzi preferisce nascondere sotto il tappeto per questioni elettorali non è la sola ad essere calata di fronte agli occhi dell’opinione pubblica. Ve ne sono molte altre. A partire dalla gravità della situazione economica e finanziaria e del rischio di nuove invasioni di migranti. Ma tra le tante la più singolare riguarda proprio il silenzio con cui i media nazionali stanno nascondendo una questione che li riguarda direttamente. Si tratta dell’uscita dal Corriere della Sera della Fca e dell’alleanza della famiglia Agnelli con la famiglia De Benedetti, che ha dato vita ad una concentrazione editoriale senza pari e senza precedenti nel nostro Paese.
In tempi normali una vicenda del genere avrebbe acceso una qualche discussione tra gli addetti ai lavori e la conseguente attenzione dell’opinione pubblica. Invece nulla. Tutto tace. Come se fosse assolutamente normale per l’azionista di riferimento del principale quotidiano del Paese diventare dalla sera alla mattina il principale socio del proprio storico concorrente. Si dirà che le concentrazioni editoriali sono ormai indispensabili per tenere in piedi la stampa al servizio delle grandi lobby. Il ché può essere sicuramente vero. Ma in questa storia in cui i lobbisti Agnelli si alleano con i lobbisti De Benedetti per meglio pesare e contare nei confronti di quel mondo politico da cui hanno sempre ottenuto enormi benefici, c’è una questione che riguarda la sorte di un pezzo importante della storia italiana. Che fine farà il Corriere della Sera, che non è un giornale qualsiasi ma che, nel bene e nel male, rappresenta un simbolo dell’informazione nazionale e che oggi si trova abbandonato da chi lo ha utilizzato per alcuni decenni in maniera non sempre commendevole?
Più che la concentrazione editoriale è il caso Corriere della Sera che dovrebbe diventare un problema nazionale, come simbolo della condizione di crisi in cui versa l’intera informazione italiana intesa non solo come attività commerciale ma come fonte di cultura e di formazione. Ma i lobbisti che appoggiano il Premier non hanno interesse a far emergere la questione. Ed il Premier non se la pone nemmeno. Per lui il tema dell’informazione è composto da qualche giornalista cortigiano e dagli schermi di Barbara d’Urso e Fabio Fazio!
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:05