
Durante i lunghi decenni del secondo dopoguerra ogni italiano di buon senso ha seguito con grande partecipazione le campagne elettorali degli Stati Uniti dolendosi in cuor suo di non poter incidere con il proprio voto nella scelta del Presidente americano.
L’interrogativo nascosto di questo tipo di italiano era perché mai non avesse la possibilità di scegliere l’inquilino della Casa Bianca visto che la propria vita era nelle mani e nelle scelte proprio del futuro Presidente Usa. Può essere che questo sentimento fosse il frutto di complesso d’inferiorità tipico dei Paesi colonizzati nei confronti dei colonizzatori. O che arrivasse dritto dagli anni della guerra fredda in cui il presente ed il futuro di qualsiasi europeo collocato nella parte occidentale della cortina di ferro dipendeva dall’esito della politica interna degli Stati Uniti. Da qualunque parte venisse questa sensazione di esclusione dal rito elettorale americano, è un fatto che sia durata a lungo. Anche dopo la caduta del Muro di Berlino e della cortina di ferro e fino all’avvento di Barack Obama alla guida del “gendarme del mondo”.
Oggi, però, si può tranquillamente rilevare come questa fase sia definitivamente superata. La curiosità e l’interesse per la corsa tra la Clinton e Trump ci sono sempre. E magari anche la partecipazione emotiva. Ma la sensazione di esclusione da un gioco democratico da cui dipendono le nostre vite non c’è più. I tifosi di Hillary e di Donald ci sono anche da noi. Ma anche loro avvertono che quella partita fa parte di un campionato distante e separato dal nostro. Tutti avvertono, anche inconsapevolmente, che l’esito della sfida tra democratici e repubblicani avrà ancora delle ricadute sul nostro Paese e sull’Europa, ma che queste ricadute saranno sempre meno incisive e determinanti.
L’America si è allontanata. I due mandati del Presidente Obama hanno prodotto questo risultato. E l’impressione è che non sarà la vittoria della Clinton o di Trump a tornare a restringere un Atlantico diventato progressivamente sempre più largo e più profondo. È un bene? È un male? Difficile stabilirlo. Più facile, invece, è prenderne atto come un dato di fatto destinato a durare nel tempo ed a renderci sempre meno familiari i candidati alla Casa Bianca. Meno male che non dobbiamo votarli! Non sapremmo chi scegliere!
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:07