
Non è un mestiere difficile quello del Papa che ha come compito principale quello di predicare i princìpi universali del Vangelo senza doversi fare carico, da quando il Risorgimento italiano lo ha liberato del potere temporale, delle conseguenze concrete dell’applicazione di quei princìpi. Il caso della questione dell’accoglienza è emblematico. Se tutti gli esseri umani sono uguali di fronte a Dio senza distinzioni di colore, di censo e di cultura, il Pontefice non può fare altro che condannare i muri ed invocare l’accoglimento da parte dei Paesi più stabili e ricchi di chi ha bisogno e viene dai Paesi più instabili e più poveri.
Il mestiere di chi, pur avendo princìpi uguali a quelli del Papa, deve però affrontare concretamente i problemi giganteschi e drammatici legati ai fenomeni di migrazione di massa è, però, molto più difficile. Perché i princìpi non sempre coincidono con gli interessi dei Paesi che si debbono amministrare e guidare. E non è affatto detto che questi interessi, pur non essendo universali ma legati ad un territorio particolare, siano automaticamente illegittimi o deprecabili.
Prendiamo il caso del presidente Mauricio Macri in visita in Italia, che è cattolico ed argentino di seconda generazione come Papa Bergoglio. E che, in un’intervista al Corriere della Sera, ha spiegato come l’Argentina abbia bisogno per il proprio sviluppo di almeno quattromila ingegneri italiani e di tanti altri italiani disposti a seguire l’esempio di molti loro avi che cercarono e fecero fortuna nel grande Paese dell’America del Sud.
La richiesta-appello di Macri inorgoglisce e commuove. Ma sembra fatta apposta per mettere a nudo l’inconciliabilità dei princìpi del Papa argentino con gli interessi del presidente argentino. Macri, che pure ha ricordato come l’Argentina abbia un territorio immenso in gran parte ancora da popolare, si è guardato bene dal dire che nelle pampas spopolate potrebbero essere accolti i profughi provenienti dall’Africa o dal Medio Oriente. Ha chiesto quattromila ingegneri italiani ed un’immigrazione di altri nostri connazionali che, proprio per essere italiani, sarebbero automaticamente qualificati, formati, in grado di fornire un valore aggiunto all’economia argentina.
Dal punto di vista del suo interesse, chi può dargli torto? Ma dal punto di vista dell’interesse del nostro Paese, che esporta annualmente circa centomila giovani italiani provvisti di titoli di studio e di formazione professionale e culturale ed importa più di centocinquantamila giovani africani o mediorientali da istruire, assistere ed inserire dignitosamente, la faccenda cambia totalmente aspetto. Può permettersi l’Italia di andare avanti ancora a lungo con un saldo così negativo tra l’esportazione di capitale umano di qualità e l’importazione di capitale umano tutto da preparare?
Papa Bergoglio può permettersi di non porsi il problema. Macri lo affronta e lo risolve a proprio vantaggio. Chissà se il governo italiano riuscirà mai a coniugare interessi e princìpi e ad elaborare una politica dell’accoglienza che non sia solo masochismo puro!
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:08