La guerra in Libia   e il pacifismo interno

L’attenzione del Paese viene fatta concentrare sulle adozioni stralciate o se sia giusto o meno che la fedeltà prevista per le coppie eterosessuali non debba essere considerata per quelle omosessuali. Nel frattempo, però, l’Isis entra a Sabrata, che è ad un tiro di schioppo dalla Sicilia, e taglia la testa ad una dozzina di agenti locali e, sul fronte opposto, gli Stati Uniti mandano i droni a bombardare, i francesi spediscono truppe speciali a compiere operazioni segrete, gli inglesi fanno altrettanto e gli egiziani aiutano con mezzi ed aerei il loro amico generale di Tobruch. La Libia brucia. Ed anche il nostro Paese fa la sua parte mettendo a disposizione degli Usa le basi di Sigonella e Pantelleria, ma evitando di andare oltre nell’impegno, nel timore che l’arrivo di una sola divisa italiana sulle coste libiche possa far ricompattare tribù, fazioni e gruppi terroristi vari all’insegna della lotta comune contro il ritorno dei colonialisti.

La prudenza, invocata anche dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, è sacrosanta. Ed è bene non dare alcun pretesto alla propaganda dell’Isis e degli altri gruppi fondamentalisti libici. Ma che la guerra sia già in atto e che la messa a disposizione delle basi sia un modo concreto di partecipare al conflitto costituisce un dato incontestabile. Se domani l’Isis o chi per lui accusasse l’Italia di essere presente nell’offensiva dei “colonialisti occidentali” sarebbe difficile rispondere negativamente.

Che succederà quando, presto o tardi, la propaganda dei terroristi toccherà questo tasto? L’interrogativo serve a dimostrare che il vero problema, a cui non solo il governo italiano ma anche quelli europei debbono trovare una risposta, non è il rischio di ricompattare gli estremisti libici con un’operazione militare dichiarata ma è quello di fronteggiare il pericolo interno di una sollevazione dell’opinione pubblica cresciuta da decenni a pane e pacifismo ideologico.

Il caso Panebianco è la spia di questo pericolo. È bastato un articolo scritto dal professore per far uscire dai centri sociali gli eredi di un Sessantotto mal percepito e provocare una aggressione all’insegna del “no al guerrafondaio”. Che succede se al posto di un articolo si profila un intervento non camuffato ma esplicito? Bella domanda! A suo tempo Francesco Cossiga, per garantire la stabilità del Paese durante l’intervento contro la Serbia di Milosevic, favorì la nascita del Governo D’Alema nella consapevolezza che in Italia solo i governi di sinistra possono fare le guerre senza avere contro le piazze di sinistra. Ma adesso? Renzi è lì per questo motivo o rischia di non essere più lì per la stessa ragione?

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:08