
Uno Stato esiste senza cittadini? Nei regimi militari o teocratici e nelle oligarchie dittatoriali sì, in democrazia no. Nei primi il potere ha un percorso discendente: una o più persone stabiliscono a monte, secondo i propri convincimenti e visioni di società, ciò che è “giusto” senza tenere conto della realtà sociale o delle esigenze dei cittadini (che in questo caso si chiamano sudditi). Nella seconda le leggi sono il frutto dell’espressione popolare esercitata attraverso i Parlamenti.
Uno è il valore condiviso da tutte le democrazie: rinuncio a parte della mia libertà nel nome della convivenza pacifica e chiamo lo Stato, quale arbitro terzo, a risolvere i conflitti con i miei connazionali. Cioè lo Stato quale sistema di garanzia delle regole comuni, accettate per evitare il celebre homo homini lupus. Regole che comprimendo alcune libertà, come quella di farsi giustizia, ne garantiscono altre come la pace sociale dove realizzare la propria vita, l’assistenza sanitaria e via elencando. Chi rifiuta queste regole, chi reiteratamente e professionalmente le rigetta per sopraffare i suoi simili, merita una tutela che in certe situazioni lo sovraordina agli uomini e alle donne rette? C’entra tutto questo con la legittima difesa? Certo che sì.
Oggi lo Stato chiede a chi fatica e soffre per rispettare quel patto di pacifica e operosa convivenza, stipulato implicitamente con i suoi concittadini, anche di risarcire chi mentre voleva approfittare del patto sociale lo ha aggredito con violenza, magari nel cuore della notte. Lo stesso Stato che non è riuscito ad evitare che il crimine si compisse ti lascia il danno e la beffa. Si chiede al cittadino incolpevole di essere giudice in pochi secondi e pure clemente. Prima di difendervi dovete valutare che tipo di minaccia viene realizzata, se il delinquente è in procinto di fuggire o se si sta girando a prendere un’arma. E se sbagliate “giudizio” non sarete “irresponsabili” rispetto al danno come i magistrati, ma pagherete caro: fedina penale sporca e debiti per risarcire danni anche per centinaia di migliaia di euro.
Se è vero che molti casi si risolvono con l’archiviazione del cittadino offeso, è vero pure che nel frattempo costui ha dovuto sopportare il peso psicologico di un procedimento penale e non ultimo un peso economico. Chi ripaga, infatti, le spese legali difensive di colui che viene assolto?
Sia chiaro che nessuno cerca un becero giustizialismo, ma sia altrettanto chiaro che sulla legittima difesa bisogna invertire l’onere della prova e inasprire le pene. Se uno spiantato sta rubando una gallina dal giardino e gli sparo uccidendolo, non si può pensare che ci sia proporzionalità. Al contrario se di fronte, dentro casa o in un’attività lavorativa, ho uno o più rapinatori che mi percepiscono come un ostacolo al loro assalto allora devo avere il diritto di difendermi come posso. Senza l’azione fuori legge dell’uno non esisterebbe infatti la reazione dell’altro. L’uno, libero dall’osservanza del patto sociale, può fare di tutto, l’altro deve difendersi secondo una legge? Ecco perché l’inversione dell’onere della prova. Il cittadino deve difendersi e se ha commesso un abuso lo si perseguirà. Oggi assistiamo, invece, a discettazioni sul diritto, su ciò che giuridicamente sarebbe opportuno o meno. Nel frattempo i delinquenti prendono in giro noi e lo Stato italiano chiedendo il risarcimento se il nostro cane lo ha morso durante la rapina (fatto realmente accaduto poco tempo fa).
Ho predisposto un disegno di legge che prevede, tra l’altro, la non applicabilità dell’omicidio preterintenzionale se a causa dell’aggressione il cittadino decede e se a commettere l’omicidio è persona con precedenti penali. Il ddl vuole rafforzare la presunzione assoluta della legittima difesa introdotta nel 2006 e quindi a stabilire che sia in ogni caso presunta (ovviamente in assenza di eventuali reati) la proporzionalità con l’offesa. Un altro scopo del disegno di legge è riconoscere un’elargizione di solidarietà “una tantum” (massimo 50mila euro) a chi, per effetto delle aggressioni, abbia riportato un’invalidità permanente. Tale contributo sarà riconosciuto anche alla vittima che, imprenditore, commerciante o artigiano che sia, abbia subìto un mancato guadagno dalla propria attività. I cittadini che abbiano subìto lesioni saranno, inoltre, esentati dal pagamento del ticket per ogni prestazione sanitaria.
Soltanto ripristinando la fiducia nel patto sociale Caino non verrà toccato ed ad Abele sarà concessa la possibilità di difesa.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:58