
Sulla vicenda di Rosa Capuozzo, sindaco di Quarto, comune dell’hinterland napoletano, il Movimento Cinque Stelle sta andando in pezzi. I puritani seguaci del comico Beppe Grillo non sanno che pesci prendere, combattuti come sono tra l’essere specchio della più adamantina moralità e il dover essere responsabili nell’amministrazione di territori difficili come quelli del Meridione d’Italia.
Rosa Capuozzo, dopo un indecente tira-e-molla di solidarietà interna al Movimento prima ricevuta e poi revocata, è stata scomunicata via blog dell’oracolo Grillo il quale le ha personalmente notificato l’apertura della procedura di espulsione. La telenovela dei “duri e puri” è destinata a continuare nei prossimi giorni. Vedremo come finirà. Tuttavia, è lecito chiedersi chi abbia perso in questa partita. Di certo esce sconfitto il modello “Cinque Stelle”. Quarto ha fornito la prova inconfutabile che fondare un’offerta politica sulla sola proclamata onestà dei candidati non offre alcuna garanzia di buon governo. Si può essere moralmente intonsi, ma intellettualmente disonesti mancando di informare gli elettori di non disporre di personale politico sufficientemente preparato a governare la complessità dei problemi sociali e amministrativi di un territorio. Che è ciò che è capitato a Quarto.
Rosa Capuozzo sarà anche la persona migliore del mondo, ma non è stata all’altezza di gestire una difficoltà che era nelle cose, visto che accettava di candidarsi alla guida di un comune notoriamente infiltrato da interessi illeciti di camorra e malaffare. Ma è giusto prendersela con il solo sindaco? Certo che no. Chi dovrebbe finire sul banco degli accusati è il sistema di reclutamento della classe dirigente adottato dal movimento grillino. Non dovrebbe bastare la partecipazione ad un casting sulla Rete per creare un amministratore pubblico efficace. L’accesso del candidato a qualsiasi livello degli istituti rappresentativi della democrazia dovrebbe essere l’esito di un processo di costruzione di un profilo generato da una storia individuale di partecipazione e di protagonismo nella vita della comunità che si intende amministrare.
Possono agitarsi quanto vogliono i moralisti d’accatto pentastellati ma, sotto l’aspetto della formazione del personale politico, la tanto deprecata Prima Repubblica dei partiti tradizionali ha dato punti a questa Seconda Repubblica, eretta sugli scarti di lavorazione di Mani Pulite. Adesso, per riparare al pasticcio, i grillini pensano di cavarsela buttando fuori la Capuozzo. Ma è l’ennesima fuga dalla realtà che gli costerà cara. L’opinione pubblica incomincia a capire a quali rischi va incontro se vota per loro. Il ragionamento è semplice: se basta uno stormire di foglia per spingere un rappresentante grillino a buttare alle ortiche il mandato ricevuto dagli elettori, cosa accadrà quando si tratterà di gestire realtà ben più difficili e compromesse della piccola Quarto? Un voto dato al M5S a Napoli, a Roma o a Milano, comporterebbe rischi d’instabilità del quadro politico al solo apparire delle prime ombre. E quale amministrazione comunale non è attraversata da nebulosità e sospetti? Non per questo la soluzione può essere la fuga. Ammettere che vi possano essere interessi illeciti nella gestione dei territori, soprattutto nel Mezzogiorno, è finanche banale. Ma ciò che si deve chiedere a una degna classe dirigente è di vincere la sfida della corruzione creando continui conflitti d’interesse tra il bene della collettività e le mire illecite dei malfattori.
Grillo e i suoi sbagliano a mollare la Capuozzo al suo destino. È un pessimo segnale che non aiuta la speranza della gente perbene. Al contrario, ne alimenta la rassegnazione. Da un’altra Quarto, in Liguria, Giuseppe Garibaldi partì con la “spedizione dei Mille” per fare l’Italia. A Quarto, in Campania, l’armata grillina è colata a picco.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:01