
La notte dell’orrore di Colonia non è questione solo tedesca ma riguarda tutti noi. Il fatto che un esercito organizzato di immigrati arabi e nordafricani abbia scatenato la caccia alle donne che si apprestavano a festeggiare il nuovo anno picchiando, insultando, palpando seni e cosce e stuprando, va fuori dai binari della narrazione di un’ordinaria storia di mascolinità repressa: è un attacco feroce e sfrontato alla civiltà europea che si caratterizza per un modo evoluto e paritario di concepire l’identità di genere.
A Colonia è andata in scena la cultura della negazione della dignità umana. È stato mostrato in presa diretta che esiste una quota d’umanità che rifiuta di riconoscere alle donne la condizione di esseri umani liberi e indipendenti. È stata aggressione fisica innescata da una contrapposizione etico-valoriale vissuta con astio. Nei reconditi pensieri degli immigrati che hanno colpito non c’era sadica ricerca del piacere, ma intento vendicativo contro una comunità avvertita come nemica.
Non c’era la pazzia di ormoni scappati di mano nella brutalità degli aggressori. Piuttosto c’è stata voglia d’impartire una lezione a quelle donne troppo libere, troppo indipendenti, troppo disinvolte, troppo sorridenti, troppo belle. Forse troppo intelligenti e istruite da farle essere migliori di tanti maschi ingalluzziti. Per una certa cultura, che ha nome e cognome, la parità tra uomo e donna resta inaccettabile. Allora la molestia sessuale e lo stupro diventano mezzi rieducativi di una pedagogia religiosa che rimette le cose al posto giusto: l’uomo sopra, la donna sotto.
Colonia non è l’eccezione, ma la regola che conferma una previsione: così sarà l’Europa islamizzata. Finora sono stati deliberatamente ignorati coloro che hanno denunciato per tempo la deriva che si rischiava con la pratica dell’accoglienza illimitata. I numeri consentivano ai professionisti del melting pot di mistificare la realtà. Ma di fronte all’evidenza dei crimini fuori controllo sono proprio i numeri a inchiodare i responsabili di casa nostra alle loro gravissime colpe. Quattro sciagurati potevano passare inosservati ma ora che sono in tanti, gli allogeni possono organizzare spedizioni punitive come quella realizzata a Colonia. La notte di Capodanno nella città della Renania Settentrionale erano mille i membri del branco scatenato sotto gli occhi di una polizia impotente. Alla faccia della germanica efficienza. Dopo aver traccheggiato alcuni giorni sull’accaduto anche le autorità tedesche hanno dovuto ammettere che si è trattato di un attacco ai fondamenti della nostra convivenza civile. Dopo Colonia nulla sarà come prima. Speriamo in positivo. Nel senso che si guarisca una volta per tutte dal morbo infettante del multiculturalismo e si prendano misure adeguate per difendere ciò che ci appartiene e ci distingue: la nostra identità culturale.
Seppure nell’imbarazzo che ha scosso l’insopportabile ipocrisia della sinistra buona e progressista, qualche voce pentita comincia a sentirsi anche da quella parte. Qualcuno dice che bisogna ripensare l’accoglienza dei profughi, magari creando due differenti canali di soccorso: uno privilegiato per le donne, i bambini, gli anziani e gli infermi che fuggono dalle guerre; un altro, più severo e sorvegliato, per i baldi giovanotti che bussano con prepotenza e arroganza alle nostre porte. Era ora! Lo si vuole capire che non si può accogliere chi non accetta di condividere le nostre regole e nessuna integrazione diviene possibile quando si consente un’invasione? Chi non è in condizioni di difendersi a casa propria deve essere aiutato; gli altri, che hanno sana e robusta costituzione, restassero a fare il proprio dovere dove sono nati e cresciuti. Se qualcuno avesse ancora dubbi a comprendere a cosa servono le frontiere dia un’occhiata alle immagini rubate alla notte di Colonia, pensi per un momento ai propri cari e rinsavisca finché è in tempo.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:04