Sull’immigrazione il governo si arrende

Sulla questione dell’immigrazione Matteo Renzi consegna l’atto di resa a Bruxelles. Non lo fa personalmente per non incrinare la narrazione della sua Italia come il- migliore-dei-mondi-possibili. Lascia che sia il “fedele” Angelino Alfano a fare il lavoro sporco. La notizia è telegrafica ma è di quelle destinate a fare rumore: il governo italiano ha deciso di ripristinare i controlli alle frontiere con la Slovenia. Addio Schengen, si potrebbe dire.

Più semplicemente Palazzo Chigi e Viminale hanno dovuto, loro malgrado, prendere atto che la strategia dell’accoglienza indiscriminata, funzionale allo sviluppo in Europa di società aperte al multiculturalismo e alla sostituzione etnica, non passa. Ciò che hanno in testa i “buonisti” nostrani non è quello che vogliono gli altri popoli europei, a cominciare dai più disponibili. Solo ieri l’altro anche la progredita Svezia, seguendo l’esempio dell’illuminata Danimarca, ha deciso di chiudere le frontiere agli immigrati. Stanno diventando troppi e un conto può essere un ragionamento sull’integrazione sostenibile altro invece è il rischio di essere invasi. Rischio che i partner europei più avveduti non hanno alcuna intenzione di correre. Quindi, per il duo Renzi-Alfano game-over, fine del gioco. Hanno scherzato col fuoco e adesso, nel timore delle pesanti ripercussioni, si precipitano ad allinearsi con il fronte del buon senso. Meglio tardi che mai. Quello che più spaventa il capo del Governo italiano scaturisce proprio dalle progressive chiusure delle frontiere registrate nel resto d’Europa. Il flusso degli immigrati risponde al principio fisico dei vasi comunicanti: se si svuota un contenitore, si riempie quello ad esso correlato. Fuori di metafora: se i Paesi del nord Europa smettono di assorbire le masse di persone che bussano alle loro porte, inevitabilmente quelle stesse masse dovranno indirizzarsi altrove. E dove, se non Italia?

La paura, dunque, di trasformare il Paese, nell’anno della prima verifica elettorale seria, nel catino d’Europa ha fatto rinsavire le anime belle della new-age renziana. Il fallimento totale della politica di “relocation”, decisa sulla carta a Bruxelles ma disattesa ovunque nell’Unione, ha fatto il resto. Stando ai patti sottoscritti, e reclamizzati come successo italiano dal nostro lunare ministro dell’Interno, dalla fine di settembre gli stranieri accolti avrebbero dovuto lasciare l’Italia, per altre destinazioni in Europa. Era programmato un flusso di partenze giornaliere di 80 individui. Pressappoco 8mila immigrati. Ad oggi ne sono stati ricollocati appena 190. Niente, se rapportati alla massa che attende di andarsene dal nostro Paese. Un successone per Renzi. Una dramma per noi. Ormai anche le pietre hanno compreso che la gestione del fenomeno migratorio è questione assai complessa, che porta con sé opportunità e rischi che devono essere attentamente valutati. L’accoglienza no- limits non può essere la bandiera ideologica da sventolare sui bastioni di quella medesima cultura europea alla quale si vorrebbero strappare le radici identitarie con dosi massicce di diserbante. Gli altri, i nostri cugini continentali, vivaddio, non lo consentiranno.

Quindi, per il futuro, se il nostro Governo intenderà proseguire sulla strada della farneticante visione di un mondo senza più frontiere lo potrà fare solo a patto di tenere tutti gli immigrati in casa propria. Nessuno si presterà a tenere bordone a un giovanotto un po’ yuppie e un po’ cialtrone perché si faccia bello con il refrain propagandistico delle “braccia aperte” suonato a spese dei partner dell’Unione. Questa Europa non è per tutti. È bene che Renzi se lo ficchi in testa.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:04