
Nessuno dubita che il passaggio di Sandro Bondi e Manuela Repetti da Forza Italia ad Ala, la formazione politica creata da Denis Verdini per sostenere il governo di Matteo Renzi, non sia un caso politico ma un caso umano. L’ex braccio destro di Silvio Berlusconi e la sua compagna avranno le loro ragioni per dare formale conclusione ad una rottura che si era già realizzata da tempo. Ma, di certo, in queste ragioni non c’è un’ombra di motivazione politica reale, ma solo questioni strettamente personali che vanno rispettate ma su cui è del tutto inutile soffermarsi.
Molto più interessante, semmai, è valutare il significato politico dell’operazione complessiva portata avanti da Verdini, operazione che a suo dire lo dovrebbe portare a svuotare ulteriormente la rappresentanza parlamentare di Forza Italia ed a dare ad Ala una dimensione addirittura doppia di quella presente.
Per compiere questa valutazione basta rispondere ad una domanda banale. Del tutto simile a quella che Togliatti fece a Pajetta dopo che quest’ultimo aveva occupato con la Volante Rossa la Prefettura di Milano: “Ed ora che ci fai con la Prefettura?”. Che ci farà Verdini con il suo gruppone?
Pajetta con la prefettura non ci faceva nulla. E la liberò ben presto. Verdini, invece, con il gruppone sostiene il Governo Renzi. E fino a quando la legislatura non sarà finita continuerà a svolgere questa funzione indispensabile per la sopravvivenza dell’attuale Esecutivo.
E dopo? La questione sarebbe risolta se gli attuali ed i prossimi componenti di Ala avessero un minimo comune multiplo politico tra di loro tale da far prevedere la possibilità di sopravvivere alla fine della legislatura con una motivazione diversa da quella di semplice stampella renziana e capace di raccogliere un adeguato consenso elettorale. Ma a tenere insieme ed a far aumentare i seguaci di Verdini non c’è una qualche identità politica capace di raccogliere il consenso di una fetta degli elettori. Ci sono solo tante e diverse motivazioni personali. Che saranno pure giustificate, nobili e non solo legate all’obiettivo di evitare le elezioni anticipate e rimanere il più a lungo possibile sugli scranni parlamentari. Ma che insieme non fanno una formazione politica in grado di garantirsi la sopravvivenza magari come semplice “cespuglio” all’ombra del cipresso renziano.
Che ci farà, allora, Verdini con un gruppone in cui la stragrande maggioranza dei componenti non può contare neppure sul voto dei parenti più stretti? Pajetta si sistemò in Parlamento e lasciò che la Volante Rossa tornasse a casa e riponesse le armi in vista di una rivoluzione che non venne mai. Con ogni probabilità Verdini farà lo stesso. Non da solo ma in compagnia degli unici amici provvisti di radicamento elettorale. Quegli ex cosentiniani campani che mentre il loro ex capo sconta in anticipo una condanna ancora non avvenuta (è al 28esimo mese di carcerazione preventiva) godono dell’immunità derivante dall’essere diventati determinanti per il governo regionale di De Luca e per il governo nazionale di Renzi.
Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 18:01