
Pare che il film degli anni Sessanta di Gillo Pontecorvo “La battaglia di Algeri” venga riproposto nella accademie militari di alcuni Paesi per illustrare la tecnica più proficua per combattere il terrorismo. Questa tecnica altri non è che la tortura. Cioè una serie di atti di violenza fisica e psicologica diretta a spezzare la capacità di resistenza del terrorista spingendolo a confessare ed a rivelare i nomi dei propri compagni e complici.
La tortura è bandita e condannata in qualsiasi Paese civile. Ma, troppo spesso, a dispetto di ogni proclamazione dei diritti umani, viene concretamente praticata. Sempre, ovviamente, in nome di una qualche emergenza che impone di subordinare il rispetto dei diritti alle esigenze della difesa della società sotto attacco.
In Francia, forse nel ricordo dei paracadutisti che per vincere la battaglia di Algeri torturavano i terroristi del Fln, dopo gli attentati di Parigi il presidente Hollande ha proposto la modifica della Costituzione per combattere più efficacemente i suoi aggressori. Gli Stati Uniti, senza modificare alcunché, hanno Guantánamo. E l’Italia?
Il nostro Paese non ha bisogno né di seguire l’esempio francese e neppure quello americano. Perché non solo ha già da tempo una legislazione emergenziale che, dopo aver dato buone prove contro il terrorismo nostrano degli anni di piombo, è stata applicata anche alla lotta alla mafia ed alla criminalità organizzata. Ma, soprattutto, perché ha da tempo le sue Guantánamo in quegli istituti penitenziari dove sono reclusi i condannati al cosiddetto ergastolo ostativo.
La differenza tra l’ergastolo normale e quello ostativo è semplice. Il primo lascia accesa una speranza di tornare in libertà dopo aver espiato la maggior parte della pena grazie ai benefici della buona condotta. Il secondo la cancella perché esclude ogni forma di beneficio a chi, alla buona condotta, non aggiunga una adeguata collaborazione alla lotta alle diverse emergenze da fronteggiare. Siano esse terroristiche o mafiose.
È difficile stabilire quale sia la forma di tortura più criticabile. Se quella dei parà francesi che si esplicava al momento della cattura del terrorista e puntava con la fiamma ossidrica, le scariche elettriche, i soffocamenti e le bastonate ad ottenere una collaborazione immediata. O se quella nostrana che punta sul “fine pena mai” e sulla costrizione psicologica di chi, senza pentimenti e collaborazione, sa che la sua è una condanna a morte differita. Di fatto tortura è la prima e tortura è la seconda. E non c’è emergenza che possa giustificare violazioni così gravi ed efferate di quei valori civili ed umani che si vogliono e si debbono difendere contro i terroristi ed i criminali decisi a calpestarli.
Sono stato nel carcere di Opera per seguire il congresso di “Nessuno tocchi Caino”. E ho registrato l’esistenza delle nostre Guantánamo degli ergastoli ostativi e ho avuto la conferma che la battaglia contro gli eccessi emergenziali è giusta è sacrosanta!
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:13