
Non hanno torto quanti rilevano che la mozione di sfiducia individuale nei confronti della ministra Maria Elena Boschi per la vicenda di Banca Etruria serva solo a rafforzare la posizione della ministra stessa. L’esperienza insegna che, se la maggioranza tiene, le richieste di questo genere vengono rigettate. E la persona che dovrebbe essere rimossa viene inchiodata in maniera inamovibile alla propria sedia. Questa esperienza è talmente conosciuta che la stessa Maria Elena Boschi non ha esitato a sfidare le opposizioni a portare avanti la loro iniziativa, sbandierando di fronte ai loro occhi i numeri di margine di cui gode al momento la maggioranza governativa.
Ma il problema non riguarda la sorte personale del ministro delle Riforme. Gli sviluppi della vicenda delle banche stanno progressivamente sollevando un problema politico più generale. Che pesa come un macigno sopra alcuni componenti del cosiddetto “giglio magico”, su alcuni dei “poteri forti” che non fanno mistero del sostegno dato a Matteo Renzi e sullo stesso Presidente del Consiglio, che appare accerchiato dai suoi nemici ed in crescente difficoltà a causa della dimensione dello scandalo.
Nessuno è in grado di sapere se le accuse ai familiari della Boschi ed ai parenti di Renzi siano fondate. Così come nessuno può permettersi di sostenere che le notizie del decreto salva-banche siano filtrate dagli ambienti governativi ed abbiano consentito ad alcune società di Carlo De Benedetti di fare affari d’oro con la vendita tempestiva delle azioni. Che dire poi delle voci e delle dicerie dei finanziatori di Renzi che avrebbero intessuto affari sostanziosi con le banche artefici della truffa delle obbligazioni ai propri correntisti. Spetterà alla magistratura fare luce su tutte queste faccende. Ma nel frattempo il problema della tempesta politica che si abbatte sul governo esiste. E non sarà un voto di fiducia in più a risolverlo!
Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 18:13