La bicicletta di Renzi

L’Europa delle banche è per la selezione della razza. Ovviamente quella degli istituti di credito. Difende e salva le banche più grandi, soprattutto se sono tedesche o francesi, ma non muove un dito per salvare quelle più piccole, soprattutto se sono italiane, spagnole o greche. Questa linea di comportamento da parte dell’Unione europea è perfettamente conosciuta dal governo italiano. Che l’ha difesa ed anche perseguita quando si è trattato di salvare le grandi banche tedesche e francesi impelagate nella crisi greca e spagnola. E che avrebbe dovuto imporre alla Banca d’Italia di vigilare attentamente sul sistema bancario italiano (questa è l’unica funzione rimasta all’istituto che era nato per emettere la moneta nazionale, ma che oggi non svolge più la sua attività originaria), per evitare il rischio di vedere la Ue imporre la sua selezione della razza sulle banche più deboli e minori del nostro Paese.

Ma i governi Monti, Letta e Renzi non hanno pressato a dovere la Banca d’Italia. Al contrario, l’hanno esaltata, coccolata, coperta e giustificata. E non hanno supplito alle carenze dell’Istituto di via Nazionale, carenze derivanti dal fatto che la Banca d’Italia è di proprietà delle banche che dovrebbe controllare. Non contenti di non aver sollecitato l’istituito a fare il proprio dovere, si sono preoccupati esclusivamente di sostenere le banche maggiori in cambio del sostegno (economico, finanziario, editoriale) assicurato agli esecutivi in carica lasciando esposte al disastro della crisi le banche più deboli.

Il risultato è che oggi la Ue chiede l’applicazione della selezione della razza per le quattro banche minori su cui il governo Renzi è intervenuto per salvare i vertici, ma non i disgraziati clienti. E la richiesta dell’Europa mette in grande difficoltà il Premier, che ha affrontato il problema con la solita superficialità dell’ultima ora divenuta ormai la cifra distintiva del suo governo.

Non basta. Perché se la Ue persegue la selezione della razza bancaria, gli italiani hanno come vizio nazionale quello della propensione al risparmio. Una propensione che poggia necessariamente sulla totale fiducia in chi raccoglie e tutela il risparmio. Cioè il sistema bancario.

Oggi questa fiducia è stata profondamente incrinata dal suicidio del pensionato di Civitavecchia e dalla disperazione di tutti i piccoli risparmiatori traditi dalle loro banche regionali, dalla colpevole inerzia della Banca d’Italia e dall’ennesima prova di superficialità di Palazzo Chigi.

Tra la pressione ottusa della Ue e l’onda di sfiducia che monta tra i risparmiatori italiani si trova Matteo Renzi. Che sconta pretese altrui e colpe non tutte ascrivibili a suo carico. Ma che, in qualità di Presidente del Consiglio che ha preteso la bicicletta dell’“uomo solo al comando”, ora è obbligato a correre e ad essere il naturale parafulmine delle tensioni in atto. Tensioni che potrebbero accentrarsi e scaricarsi in occasione del test elettorale delle prossime Amministrative.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 18:09