Destra liberale cercasi

Sull’onda della prevista avanzata del Front National in Francia, Matteo Salvini ha ovviamente rilanciato la sua opa per la conquista della leadership del centrodestra. Non solo, ospite di Bruno Vespa, il segretario della Lega Nord ha ribadito con forza i punti cardine della sua proposta economica: ritorno alla moneta nazionale, flat tax al 15 per cento per tutti e abolizione tout court della Legge Fornero sulle pensioni. In sostanza, come ho avuto modo scrivere più volte, si tratta di una ricetta assolutamente catastrofica ma che almeno su un punto, quello relativo alla flat tax, contiene almeno un elemento liberale rispetto al funereo statalismo protezionista portato avanti dalla signora Le Pen.

Tuttavia, il fritto misto di misure che Salvini continua a sbandierare con una sicurezza ammirabile non vanno certamente nella direzione che gli economisti di area liberale auspicano da molto tempo. In estrema sintesi, L’Italia e la Francia avrebbero bisogno di una cura dimagrante proprio sul piano dell’intervento pubblico, essendo affetti da decenni da un eccesso di spesa pubblica e di tassazione, in modo tale da alleggerire sul sistema delle imprese i costi di un welfare da tempo insostenibile. Ed è paradossale che Salvini sul tema sempre caldo delle pensioni, il quale costituisce il più grande capitolo di spesa nel nostro bilancio pubblico, si ostini per ovvie ragioni di consenso a proporre il ritorno alla stagione della vacche grasse inaugurata durante la famigerata Prima Repubblica.

Mi permetto sommessamente di ricordare al giovane segretario della Lega che l’Italia spende nella previdenza il doppio, ovvero il 17 per cento del Pil, rispetto alla media dei 34 Paesi che aderiscono all’Ocse, malgrado la tanto bistrattata Legge Fornero. Ergo, nel caso malaugurato di un ritorno al passato, mi sembra evidente che si giungerebbe ad un rapido sfaldamento della già traballante fiducia dei creditori circa la tenuta del colossale indebitamento italiano. A quel punto diverrebbe inevitabile una uscita del Bel Paese dalla moneta unica, finanziando con una neo-liretta stampata ad libitum il più costoso sistema previdenziale pubblico del mondo. Resterebbe però da verificare se e a quale proibitivo tasso d’interesse il mondo circostante sarebbe disposto a rinnovare prestiti che attualmente ammontano, secondo il summenzionato Ocse, ad uno stratosferico 159 per cento del reddito nazionale.

Con tutto l’affetto e la simpatia per l’amico Salvini, non è questa la destra liberale che possa evitare all’Italia di finire nel baratro del fallimento economico e finanziario.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 18:21