
Noi italiani siamo soliti ripetere che la riserva di legge ed il controllo giurisdizionale ci mettono, o dovrebbero metterci, al riparo da iniziative potenzialmente lesive dei nostri diritti fondamentali assunte dall’Esecutivo. Gli americani la pensano diversamente. Cerchiamo di capire chi ha ragione, se qualcuno ha davvero ragione.
L’indipendenza della Magistratura e la forza cogente della legge, che segna i confini dell’azione governativa in senso lato, rappresentano senza dubbio un manto protettivo per il cittadino. In tempi oscuri come questi, sapere che il Governo non può disporre arbitrariamente intercettazioni delle comunicazioni o privazioni della libertà dovrebbe rasserenarci. Infatti, l’architettura del sistema (corroborata dai troppo spesso servili mezzi di informazione di questo Paese), ci ha indotti a pensare che il Governo (prima) e (ora) anche il Parlamento siano espressione di un potere comunque nemico delle nostre libertà, perché non sono indipendenti.
La garanzia, dunque, si è spostata dal contenuto al contenitore e, in particolare, ad un contenitore che, essendo indipendente, è anche irresponsabile. Non è detto che sia giusto così. Gli americani, ad esempio, antepongono gli interessi nazionali ad ogni altra cosa e ne affidano la gestione all’Esecutivo, eletto e confermato secondo regole di responsabilità politica a noi del tutto sconosciute. Vero che il governo può entrare nella vita delle persone; altrettanto vero che quando qualcuno ha provato a farlo (Nixon), ha subito l’impeachment e ne ha sopportato le conseguenze.
In questo caso, la garanzia sta nella responsabilità politica: non c’è indipendenza, ma protezione diretta. Sono due modelli diversi, com’è facile comprendere. Da noi si parla di controllo (esterno) della legalità; da loro (gli americani) si fa il controllo diretto di legalità e si comminano sanzioni politiche.
Io non sono contro il nostro sistema (disegnato con le migliori intenzioni per scongiurare velleità autoritarie); dico, però, che forse il risultato non è stato all’altezza delle attese e che la democrazia privilegia le scelte degli altri, che presentano dei rischi, ma anche degli anticorpi efficaci, come dimostra il fatto che (a differenza di quanto accade qui) negli States i politici sono tendenzialmente molto meno longevi dei nostri. Semplice: chi sbaglia non è espunto in forza di decisioni giudiziarie che sopraggiungono, giustamente, al terzo grado di giudizio, ma è emarginato politicamente in tempi ragionevolmente brevi.
Qui da noi responsabilità politica e colpa giudiziaria sono oggetto di un’inaccettabile confusione, come dimostra il fatto che l’unico esempio di processo politico previsto dalla Costituzione è un processo penale. Le garanzie, inevitabilmente, valgono solo in quanto oggetto di protezione giudiziaria ma, purtroppo, non sono percepite come diritti della persona da spendere innanzitutto politicamente.
La domanda iniziale era, dunque, questa: dove ci sono più garanzie e dove funzionano meglio le cose. Qui, le garanzie; là i risultati concreti: quelli politici, che reggono un sistema - per quanto criticabile, comunque - liberale. Detto questo, e sommariamente spiegata la differenza tra noi europei e gli americani, possiamo affrontare il tema che, in questo periodo, ci interessa maggiormente: come difendere i nostri diritti nell’emergenza? Se la premessa è corretta, la conclusione è scontata: non attraverso provvedimenti dell’Esecutivo (che sia il nostro o quello della Comunità), ma con leggi democraticamente approvate e con il sistema giudiziario, accettando il rischio che le decisioni sulla prova non soddisfino le nostre aspirazioni repressive, ma sapendo che le leggi scritte sono più forti delle sventagliate di mitra e resistono anche alle suggestioni degli interventi sbrigativi.
La Costituzione e la Convenzione Edu, in questo momento, sono la più formidabile arma di cui dispone chi ha a cuore la libertà che ci siamo conquistati.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:09