Intellettuali e paura   della valanga Le Pen

C’è qualcosa di surreale nel dibattito di queste ore sulle ricadute del voto francese nello scenario politico italiano. Tutti o quasi quelli della sinistra si sono esibiti in spericolati volteggi verbali per dimostrare che tra Marine Le Pen, trionfatrice in Francia, e la pattuglia dei fans italiani, Matteo Salvini e Giorgia Meloni in testa, non vi sarebbe alcuna assonanza. Troppo intelligente la prima, troppo rozzi e scemi i secondi. Che dire? Se alla sinistra pensante piace illudersi, perché contraddirla?

Dove, invece, proprio non capiamo è quando a sputare veleno siano vecchi arnesi della destra, nati bene nel fuoco della lotta degli anni Settanta-Ottanta e pasciuti male all’ombra del vinci-facile a rimorchio di Silvio Berlusconi. Non è mai elegante fare nomi e per questo non li facciamo. Resta, però, il fastidio per il vizio cronico che affligge la destra italiana a tutte le sue latitudini: parlar male di se stessa sempre e comunque. Visitate le pagine on-line dell’Huffington Post e capirete dove vogliamo andare a parare.

Gli “illuminati” che piacciono alla sinistra giudicano il tandem Salvini-Meloni “antropologicamente” inadeguato a fare in Italia ciò che è riuscito a Marine Le Pen: intraprendere una strategia “gramsciana” di conquista delle élite culturali già organiche alla sinistra marxista. È vero! Marine ha puntato al superamento del binomio destra-sinistra nella prospettiva di costruire una dimensione “terza” dell’organizzazione partitica nella quale fare confluire quelli che Marco Tarchi, “gramsciano di destra” ante-litteram, definisce “i delusi della globalizzazione”. Ma la scoperta di questa presunta inattitudine a inglobare l’altrui intellighenzia varrebbe a motivo di condanna dei tentativi di Salvini e Meloni di rimettere in piedi la destra italiana? Stiamo ai fatti.

Non v’è dubbio che Marine Le Pen mostri di conoscere molto bene gli scritti di Alain De Benoist che rappresenta uno degli spiriti guida della lotta al mondialismo quale risultante egemonica del capitalismo finanziario transfrontaliero sul sistema produttivo. Ma lo sanno gli “illuminati” nostrani che Salvini, alla fine del 2013, quando s’impose alla segreteria della Lega Nord strapazzando nei consensi il vecchio Umberto Bossi, organizzò un convegno a Milano al quale invitò proprio Alain De Benoist? Era evidente che anche il “rozzo” ragazzo lombardo avesse letto le opere del maestro francese. Lo si è constatato, dopo, nelle coraggiose scelte compiute. Salvini è riuscito in un’impresa titanica: sottrarre la Lega a un passato di rivendicazionismo localistico per riposizionarla su traiettorie sovraniste, in opposizione radicale al modello eurocratico dell’Ue a trazione tedesca. Esattamente in linea con la strategia di Marine Le Pen. Ora, per quanto Francia e Italia non siano la medesima cosa, è possibile che anche l’elettorato italiano spaventato dalla tracimazione dell’influenza tedesca sui poteri concentrati a Bruxelles, possa decidere di dare maggiore peso a partiti schierati contro l’attuale modello di governance europea. Che non vuol dire essere antisistema, come non è antisistema tout-court il Front National. Il voto per Salvini o Meloni, ma potrebbe valere anche per un Berlusconi svincolato dagli obblighi di fedeltà alla linea del Ppe, verrebbe interpretato come volontà di partecipare a un’altra Europa, differente da quella arcigna e opportunista vissuta oggi.

Il momento per questa nuova idea di destra è propizio visto che la porzione protestataria dell’elettorato, insoddisfatta delle proprie condizioni di vita, sta scoprendo il bluff dei Cinque Stelle, che sulle grandi questioni del nostro tempo non riescono a essere né carne né pesce. Gli “illuminati” dovrebbero sforzarsi di essere più umili e meno snob di quanto solitamente siano. Ma non c’è da illudersi: il lupo perde il pelo ma non il vizio. E di intellettuali spelacchiati traboccano le redazioni.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:15