
La Francia ha parlato e ha detto: “destra”. Benché fossero solo elezioni regionali, due francesi su tre hanno votato all’opposizione dell’attuale inquilino socialista dell’Eliseo. Nei ballottaggi di domenica prossima vi sarà la resa dei conti tra i neogollisti, capitanati da un affannato Nicolas Sarkozy, e il Front National del Giano- bifronte del duo Le Pen, Marine e Marion.
Tuttavia, leggere questo confronto servendosi degli schemi italiani è sbagliato. Non esiste una destra moderata che si contrappone a una forza radicale. È forse moderato Sarkozy con le sue ricette di politica securitaria? È estremista Marine Le Pen quando parla di diritti civili? Quello a cui si sta assistendo è piuttosto lo scontro tra due visioni del mondo antitetiche, sebbene cresciute entrambe nell’alveo del pensiero politico della destra tradizionale. In ballo vi è la conferma o la negazione del modello di sviluppo centrato sulle politiche liberiste di mercato. Sarkozy ne è l’alfiere, Marine l’acerrima avversaria. Da questa rottura, che si produce a monte, discende tutto il resto. Nelle urne, a valle, ci si è misurati sulla sostanza: Europa delle tecno- burocrazie, mondializzazione del capitalismo finanziario, multiculturalismo, sovranità nazionale, superamento delle frontiere, immigrazione, sicurezza, occupazione, welfare. Non è come la racconta la sinistra italiana che ha parlato di voto della paura e di esito inevitabile delle stragi di Parigi dello scorso 13 novembre.
Il voto della maggioranza dei francesi non è stato dettato da una reazione di pancia al terrorismo ma meditato sulla prospettiva di quale futuro desiderare. C’è molta più crisi economica e sociale nella testa dei transalpini che xenofobia o bellicosità neoimperialista. Se Sarkozy immagina una Francia perfettamente integrata nei processi europei di stabilizzazione delle finanze pubbliche dei singoli stati-membri, Marine Le Pen s’intesta politiche movimentiste a protezione dei ceti falcidiati dall’austerity a corrente alternata imposta da Bruxelles: avara con i bisogni delle comunità autoctone, generosissima con le politiche immigratorie. L’elemento di novità che questa tornata elettorale ci consegna è proprio la capacità del Front National a guida Marine d’intercettare la domanda di rappresentanza politica delle fasce basse della popolazione, determinatasi a causa dall’esaurimento della spinta socialista. Capacità dinamica che è mancata al competitor Sarkozy. Molti commentatori nostrani vorrebbero guastare la festa al Front National calcando la mano sulle differenze che separano l’anima movimentista, laica di Marine dallo spirito tradizionalista, vandeano, cattolicissimo della nipote Marion. Ma si tratta di un’illusione ottica. Le due Le Pen sono facce di una stessa medaglia in grado di elaborare una ricomposizione unitaria delle esigenze di modernizzazione richieste per la guida del Paese con le istanze conservatrici postate nell’album di famiglia della destra radicale. Il comune denominatore è nel fattore identitario fortemente vulnerato dalle pretese europee di assorbimento progressivo degli spazi di autonomia dei paesi membri a beneficio di un governo sovraordinato delle politiche economiche e sociali dell’eurozona.
Nei prossimi mesi, dunque, assisteremo a un sistematico attacco da parte del Front National al fortino elettorale in cui è trincerato il neogollismo. Questo potrebbe essere l’unico punto di contatto con la realtà italiana nella quale si sta producendo un analogo fenomeno: lo spostamento verso la radicalizzazione dei ceti tradizionalmente moderati. Intanto bisognerà attendere l’esito dei ballottaggi per capire se i francesi vorranno offrire una chance di governo al Front National. Ciò a cui assistiamo oggi non è detto che si ripeterà in un futuro prossimo. In politica un anno può valere un’Era geologica.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:18