
Alla fine degli anni Ottanta, quando si aprì la polemica sul “doppio incarico” di Ciriaco De Mita, la questione riguardava la conflittualità e l’incompatibilità tra il ruolo di segretario della Democrazia Cristiana e quello di Presidente del Consiglio. Oggi che si riapre la polemica sul “doppio incarico” di Matteo Renzi, la questione di conflittualità e di incompatibilità viene posta tra il ruolo di segretario del Partito Democratico e quello di Premier.
La differenza tra il “doppio ruolo” di allora e quello di adesso non è solo lessicale. Negli anni Ottanta a nessuno sarebbe mai saltato in testa di scambiare il Presidente del Consiglio per un Premier. Chi lo avesse fatto sarebbe stato accusato di non conoscere i fondamenti del sistema politico italiano fondato sulla “centralità” del Parlamento e sul ruolo di primus inter pares del Presidente del Consiglio. E di non considerare che considerare il Presidente del Consiglio un Premier significava ipotizzare un passaggio da democrazia parlamentare a premierato che forse era nei propositi dell’allora segretario del Psi, Bettino Craxi, ma che l’intera sinistra italiana, in tutte le sue diverse articolazioni, valutava carico di pericolosissime suggestioni di stampo autoritario.
Oggi, invece, con Renzi a Palazzo Chigi e con le riforme del Senato e dell’Italicum in atto, il ruolo di Presidente del Consiglio è stato di fatto (ma non di diritto) trasformato nel ruolo di Premier. E quando si parla di “doppio incarico” non si fa più riferimento alla conflittualità ed alla incompatibilità tra il “primus inter pares” del governo ed il segretario di un partito, ma tra il Premier che punta a stabilire un rapporto diretto e plebiscitario con l’elettorato ed il segretario di un partito come il Pd che il Premier intende prima rottamare e successivamente trasformare nello strumento della sua vocazione plebiscitaria.
La questione non è di lana caprina, ma è il cuore del problema. Il “doppio incarico” è un falso problema mentre il vero problema è Matteo Renzi che è impegnato a realizzare il suo premierato e che non ha alcuna intenzione di lasciare la guida del Pd perché chiunque dovesse succedergli nella segreteria diventerebbe oggettivamente un ostacolo alla realizzazione del suo progetto. Si può discutere quanto si vuole sulla legittimità e sulla validità del disegno renziano. Ma non si può negare che il gioco di Renzi sia dichiarato e scoperto. Il dramma è che i suoi avversari si rifiutano di prenderne atto e di comportarsi di conseguenza!
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:12