
Spiace doverlo ammettere. Putin sembra un gigante di fronte alla balbettante ed ipocrita leadership europea. La tenera Mogherini svolazza al vento della guerra. Dichiara a chi non ascolta; anzi, a chi non la sta neppure a sentire. Deve fronteggiare un Putin lucido, determinato, scattante come un Bolt.
La politica estera, quando diventa politica bellica, si dimostra una faccenda troppo seria per lasciarla nelle mani delle Mogherini, delle Pinotti, dei Renzi e dei Gentiloni. La Francia chiama a raccolta l’Europa e l’Europa si disunisce come un treno deragliato. La Francia della “Declaration” risponde come meritano mandanti ed esecutori della criminale aggressione internazionale e l’Europa che fa? Si bea della solidarietà, della vicinanza, della condivisione parolaia. La pena profonda di una nazione amica, alleata, straziata, viene percepita più come rappresentazione del male altrui che sofferenza per un male proprio.
L’Italia oscilla irresoluta e speranzosa che, non combattendo a viso aperto, possa scampare il peggio. È l’eterna illusione dell’“appeasement”, di quelle nazioni accomodanti che, diceva Churchill, non cercano di salvarsi, ma di essere sbranate per ultime. Le navi nel Mediterraneo della flotta della Russia neo-imperiale muovono orgogliose al fianco della portaerei De Gaulle, mentre il governo invia la nostra Cavour a fermare i barconi dei negrieri davanti alle coste della Libia. L’Italia appoggia, coopera, assiste, “et similia”. Sono verbi positivi, in tante circostanze. Stavolta, no. Siamo un’Unione finché il gioco non diventa duro? Siamo Europa finché resta una facciata, una quinta, un simulacro? Questa è l’ora in cui si fa l’Europa o l’Europa muore!
Schierarsi al fianco della Francia non è un’opzione ma un obbligo morale, politico, istituzionale, un obbligo dell’intera Europa, non del farneticante “bilateralismo” di quell’alto rappresentante della politica estera e di difesa, che oggi appare un orpello anziché una guglia. Mentre la gloriosa flotta americana nel “Mare nostrum” compie più evoluzioni che operazioni, le potenze europee devono prendere nelle loro mani il destino che dalle loro mani sembra fuggire, mentre negli occhi mongoli dello zar russo lampeggia la soddisfazione e brilla il successo.
Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 18:17