
Oggi riflettori puntati su Piazza Maggiore a Bologna dove si celebra il ritorno del centrodestra. Tuttavia, una luce è accesa anche a Roma, sul Teatro Olimpico, dove alle ore 10 di questa mattina andrà in scena un’altra destra, giovane e motivata, che è quella dei Conservatori e Riformisti riuniti intorno a Raffaele Fitto.
Pensiamo che sia utile tenere lo sguardo su questo appuntamento perché, con lapalissiana evidenza, una destra che discute è di gran lunga preferibile ad una destra che tace. C’è bisogno di confrontarsi, anche duramente, purché si giunga a mettere in chiaro cosa si vuole proporre agli italiani di alternativo al progetto renziano. A Fitto toccherà dare la linea al suo movimento. Non sarà semplice giacché la denominazione “Conservatori” non genera nell’opinione pubblica nostrana gli entusiasmi che dovrebbe. Spetta dunque a lui ed ai suoi sfatare il falso mito dei conservatori pregiudizialmente contrari a ogni innovazione, opponendo buon senso e argomenti robusti alla credulità dei luoghi comuni.
Nella dichiarazione d’intenti del movimento è scritto: “Più Italia, più lavoro, più impresa, più credito; meno tasse, meno spesa, meno debito, meno vincoli Ue”. Tutta bella roba. D’altro canto, chi, a destra, non vorrebbe vedere realizzate queste cose? Perciò non basta enunciarle, bisogna spiegare come s’intenda conseguirle e, soprattutto, con quali risorse. Fitto accusa Forza Italia di essersi arresa, con la scelta di Bologna, alla supremazia leghista. La critica è legittima, ma stiamo ai fatti. Quando Matteo Salvini propone la Flat Tax come misura di abbattimento della pressione fiscale, Fitto cosa rispende? Sulla questione della lotta all’immigrazione clandestina la posizione leghista appare demagogica. Tuttavia, ciò che dice Salvini non si discosta molto da ciò che dice, e fa, sullo stesso tema il premier britannico David Cameron che è il nume tutelare del conservatorismo europeo. Come la si mette?
Raffaele Fitto non fa mistero di ispirarsi all’esperienze dei repubblicani statunitensi. Bene! Rispetto ad una sinistra che va in sollucchero a ogni starnuto di Barack Obama, gli fa onore sostenere un punto di vista diametralmente opposto. Ma sulle questioni della sicurezza dei cittadini è noto che i repubblicani statunitensi abbiano posizioni molto più oltranziste di quelle della Lega nostrana. Come se ne esce? Queste sono solo alcune domande alle quali, ci auguriamo, Fitto vorrà rispondere chiarendo agli elettori il punto di vista del suo movimento. Su una questione, però, il giovane leader cresciuto in terra di Puglia intende alzare le barricate: qualsiasi cosa si debba decidere in futuro nel centrodestra, prima si deve passare per la prassi democratica dell’elezione dei rappresentati della coalizione attraverso il meccanismo delle Primarie. Fitto che scimmiotta il Partito Democratico? Niente affatto. Il granitico convincimento di ricorrere a questa modalità di selezione della classe dirigente del centrodestra è tratto dal modello di democrazia a cui i Conservatori italiani si ispirano. Dice Fitto: vogliamo somigliare ai repubblicani statunitensi? Allora facciamo come loro; altrimenti si corre il rischio di finire nella trappola dell’ancestrale vizio italico di pensare bene e razzolare male.
La decisione di distinguersi, nell’immaginario collettivo, dalla piazza di Bologna è coraggiosa. E va rispettata. Ora, non sarebbe male se Silvio Berlusconi, mettendo da parte il risentimento che nutre nei confronti del suo ex-rampollo, si concedesse un gesto di apertura magari inviando, da Bologna, un segnale politico alla manifestazione di Roma. Se lui è davvero il capo del centrodestra, per quanto ancora potrà fingere che i conservatori di Fitto non esistano? In tutte le chiese del mondo cattolico la liturgia domenicale della Santa Messa prescrive che i fedeli si scambino un segno di pace. Perché non fare lo stesso tra vecchi amici che forse hanno solo perso il piacere di frequentarsi?
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:13