Colpevolismo ignobile

È noto che nel mondo anglosassone l’informazione che si occupa di casi giudiziari tende generalmente a fare le pulci alla cosiddetta pubblica accusa, rappresentando un contrappeso civile ai rischi di una giustizia sommaria sempre dietro l’angolo.

Da noi invece, Paese affetto da una preoccupante deriva mediatico- giudiziaria, si sta diffondendo a macchia d’olio la figura del cronista colpevolista, conformista adoratore delle tesi accusatorie, anche le più suggestive, sostenute dalle varie Procure d’Italia. Personaggi impresentabili sul piano del diritto i quali, principalmente per ragioni di cassetta, usano il principio costituzionale della presunzione d’innocenza fino a sentenza definitiva come carta igienica. Tra questi spicca la telegiornalista Ilenia Pietracalvina, molto presente in Rai, la quale nel corso di “Virus”, talk-show condotto da Nicola Porro, ha dato vita ad uno scontro a dir poco vergognoso con il valido Luca Telese, il quale sta seguendo da vicino e senza mortadella sugli occhi il processo a carico di Massimo Bossetti.

Arrampicandosi sugli specchi in merito allo scandaloso video montato ad arte da carabinieri del Ris su commissione della Procura di Bergamo, definito dall’ex magistrato Tinti – presente in collegamento video – un fatto ignobile, la Pietracalvina ha contrattaccato urlando in faccia ad un basito Telese che “qui ci stiamo dimenticando che è morta una ragazzina di 13 anni”, aggiungendo una ridda inqualificabile di altri sproloqui. Tutto questo mentre lo stesso Telese, rara mosca bianca garantista in uno scenario dell’informazione desolante, cercava di riportare la discussione sul piano dei riscontri oggettivi e non su quello della scomposta emotività forcaiola.

Da questo punto di vista, usare il cadavere di una povera vittima quale clava colpevolista ai danni dell’imputato di turno costituisce, a mio avviso, un disgustoso esempio di malafede. Resta il fatto che, come giustamente sottolineato dall’eroico avvocato di Bossetti, Claudio Salvagni, nei pochi spazi di dialogo concessi dall’invasata Pietracalvina, l’influenza mediatica che subiscono i casi giudiziari finiti sotto i riflettori è tale da provocare seri rischi nella serenità dei giudici popolari, “persone comuni che leggono i giornali e guardano la televisione”. Soprattutto, mi permetto di aggiungere, chi gestisce l’informazione nel servizio pubblico dovrebbe vigilare affinché non vengano inscenate, in barba ai dettami mai completamente applicati del giusto processo, vergognose gogne mediatiche ad opera di giornalisti i quali, qualunque cosa accada, tendono a schierarsi regolarmente e con arroganza con le tesi della pubblica accusa.

Per dirla tutta, noi inguaribili garantisti preferiamo ispirarci al grande Emile Zola e non certamente al modello inquisitorio di Andrej Vyscinskij, benemerito procuratore generale del regime staliniano.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 18:17