Sorte degli scissionisti   del centrodestra

La storia dell’Italia repubblicana è piena di formazioni politiche che nascono in Parlamento e muoiono nel Paese, quelle che sono prodotte da scissioni di forze politiche e che danno vita a gruppi parlamentari capaci di condizionare le sorti dei governi e della legislatura in corso, ma che svaniscono come neve al sole quando arriva il momento elettorale e sono sottoposte al giudizio dei cittadini. Nella scorsa legislatura il fenomeno più eclatante è stato quello del movimento creato da Gianfranco Fini che, dopo aver provocato lo sgretolamento della maggioranza di centrodestra e la crisi del Governo Berlusconi, è stato brutalmente azzerato dal voto degli elettori.

Nell’attuale legislatura, gli emuli di Fini sono Angelino Alfano e Denis Verdini. Entrambi provengono da Forza Italia. Entrambi hanno scelto la strada della rottura e della scissione dopo essere stati il primo il braccio destro ed il secondo il braccio sinistro di Silvio Berlusconi. Ed entrambi ora si pongono il problema di come evitare di fare la fine di Fini e scomparire dalla scena politica al termine della presente legislatura.

In epoche diverse, Alfano e Verdini sarebbero stati naturalmente portati ad unire le loro forze ed a dare vita ad un partito collocato al centro dello schieramento politico per poter avere un ruolo di alleato indispensabile per il Partito democratico di Matteo Renzi. Ma quelle epoche sono passate. E Alfano e Verdini si rendono perfettamente conto che per loro la strada della sopravvivenza politica non passa attraverso l’aggregazione centrista, ma per percorsi nuovi e diversi. Il primo punta ad ottenere una modifica della legge elettorale per avere la possibilità di creare un partito autonomo in grado di allearsi con il Pd renziano. Il secondo, molto più pratico, sembra convinto che Renzi non modificherà mai l’Italicum e sembra intenzionato a cercare di entrare direttamente nel partito del Premier dando vita ad un movimento “Per Renzi” capace di attrarre nei comuni e nelle regioni i consensi necessari per essere ben accetto nel partitone renziano.

A dispetto dell’apparenza non c’è grande differenza tra le strategie di Alfano e Verdini. Perché il ministro dell’Interno non esclude affatto di imitare Verdini il giorno in cui la modifica dell’Italicum con l’introduzione del premio alla coalizione risultasse impossibile. Ma Renzi può permettersi di dare vita al Partito della Nazione con Alfano e Verdini correndo il rischio di scontentare gran parte degli elettori del Pd? E, soprattutto, gli elettori dell’area moderata sono disponibili a seguire i due scissionisti ed i loro parlamentari privi di qualsiasi radicamento sul territorio?

Per avere delle risposte a queste domande bisognerà aspettare il 2018. Al momento bisogna accontentarsi di prendere atto che il Parlamento non solo è tornato ad essere il regno del trasformismo, ma vive una realtà completamente e radicalmente diversa da quella del Paese.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:16