Riparte il tormentone della spending review

In evidente imbarazzo per la sparata elettoralistica del premier sulle tasse, il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, intervenendo ad un’assemblea della Confcommercio, ha cercato in qualche modo di correggere il tiro. In particolare, il ministro ha dichiarato che “il taglio deve essere credibile, sostenibile e permanente. Significa che la riduzione delle tasse, per essere efficace, deve convincere i cittadini e per farlo deve essere finanziata in modo strutturale, cioè con tagli di spesa. Tagli che possono essere fatti perché c'è un enorme potenziale di miglioramento ed efficienza”.

In altri termini, l’uomo che tiene i conti sempre più traballanti del Governo Renzi, ha ribadito l’esigenza di riprendere in mano la cosiddetta spending review. Una revisione della spesa la quale, occorre sottolineare, è diventata come la chimerica lotta all’evasione fiscale, ossia l’ultimo rifugio propagandistico di chiunque intenda mantenere il proprio consenso elettorale senza scontentare nessuno.

D’altro canto, l’idea di combattere gli “sprechi” senza toccare di una virgola lo spazio e le competenze di un sistema pubblico che spende il 55 per cento del Pil risulta un argomento sempre molto rassicurante per un popolo che si ostina ancora a voler credere alle favole. Ma in realtà se non si mette mano ad un sistema che consente ad una platea smisurata di cittadini-elettori di vivere di spesa pubblica, rendendo proibitivi i costi fiscali per la nostra economia, nessuna riduzione sostanziale delle tasse potrà mai essere realizzata. Non è certamente razionalizzando la spesa dei cerotti o delle matite che possiamo pensare di reperire i circa 50 miliardi che servono per coprire l’ultima, fantascientifica promessa avanzata dal ragazzotto che occupa Palazzo Chigi. Abbattere la pressione fiscale in modo così deciso non può essere fatto lasciando inalterati i grandi carrozzoni dello Stato burocratico e assistenziale, a cominciare da quello targato Inps che da solo assorbe oltre il 20 per cento del reddito nazionale.

Ma Renzi ha sempre detto che non intende toccare le pensioni pubbliche (quelle private invece le ha massacrate raddoppiando di fatto il prelievo fiscale), grazie alle quali siamo il Paese europeo più spendaccione. Ed è anche per questo che le promesse del cantastorie fiorentino sono destinate a restare nel libro dei sogni.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:12