Se Atene piange… Roma le busca

Da giorni in Italia ci si azzuffa sulla pagliuzza greca mentre si trascurano le travi che ci piovono in testa. Si fa un gran parlare di quanto sia decisiva l’Europa nella vita delle persone comuni. A sentire la propaganda europeista il sole splenderebbe sempre in questo angolo di paradiso. La realtà invece racconta che aumentano di giorno in giorno i soprusi che siamo costretti a subire in ossequio al mito dello stare insieme. Siamo preoccupati, a ragione, per il popolo greco, intanto Bruxelles ci pugnala alla schiena. È di questi giorni la diffida che la Commissione ha inviato al nostro governo perché non ha ancora proceduto al recepimento della normativa comunitaria in materia di utilizzo del latte in polvere per la produzione casearia.

In concreto, si pretende che venga abrogata la legge nazionale n.138 vigente dal 1974 con la quale si vietava l’utilizzo di polvere di latte per produrre formaggi, yogurt e latte alimentare ai caseifici ubicati sul territorio nazionale. Nei quarant’anni trascorsi dalla sua emanazione le imprese casearie e zootecniche italiane hanno fatti passi da giganti nella preparazione di prodotti di alta qualità che il mondo ci invidia. L’utilizzo di latte munto da animali selezionati e ben nutriti conferisce gusto e sapore unici ai formaggi nostrani. Ma tutto ciò non vale per quelli di Bruxelles. Per la logica comunitaria la qualità non è un valore. Al contrario, è un disvalore che deve essere sanzionato. Tra qualche giorno, quando sarà scaduto l’ultimatum imposto al governo italiano, se vorremo continuare a godere delle produzioni genuine dovremo pagare multe salate all’Unione.

Il mondo dei produttori e degli allevatori è in rivolta. Temono che si decida, in sede governativa, di calarsi le braghe aprendo di fatto il mercato nazionale all’invasione di prodotti esteri a basso costo e di nessuna qualità. La perdita di fatturato per le imprese del comparto sarà inevitabile e con essa la distruzione di posti di lavoro. È, dunque, questa l’Europa che vogliamo? Rispondere per tutti è impossibile ma a noi questa cosa qui chiamata Ue comincia a stare sulle scatole. Non è accettabile che l’Italia sia finita in un reticolo di regole e regolette il cui unico scopo sta nell’ammazzare ciò che di buono e di bello si riesce ancora a produrre dalle nostre parti.

L’agroalimentare non è solo un capitolo della bilancia commerciale, è il vettore di una civiltà antica, quella mediterranea, che ha incluso il sapore e il gusto nel proprio orizzonte di senso. Non è solo questione di interesse economico. Questa Europa grigia e bacchettona vuole penalizzare la nostra capacità di creare piacere e bellezza. Per fare il gioco delle multinazionali vogliono riempirsi la pancia di cibo fatto con la chimica? Imbottirsi di vino fabbricato con i Wine kit? Ingozzarsi di carni addizionate di acqua? Divorare cioccolata senza cacao? Lo facciano! È affar loro, ma lascino stare le nostre eccellenze.

Se avessimo un altro premier e un altro governo avremmo ricacciato in gola ai signori di Bruxelles le loro truffaldine regolette. Avremmo imposto la difesa del Made in Italy attraverso una più stringente normativa sulla tracciabilità dei prodotti agroalimentari. Ma non l’abbiamo fatto perché in comando c’è Matteo Renzi. Perché c’è lui, quello che la politica la fa twittando; quello che…o la Mogherini, o morte; quello che…domani riportiamo a casa i nostri marò; quello che…o vi prendete gli immigrati o questa Europa tenetevela; quello che…non accettiamo lezioni da altri. Quello che…dico tutto e faccio il contrario di tutto. Calato il sipario sul teatrino greco, avremo tempo di domandarci: quanto altro ci costerà quest’Europa?

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:15