Sanzioni alla Russia, centrodestra in guerra

Forza Italia presenta una mozione alla Camera dei deputati per impegnare il Governo a interrompere l’applicazione delle sanzioni contro la Federazione Russa.

Con questa mossa finalmente torna in Parlamento la politica con la “P” maiuscola, quella che si occupa dei destini di un Paese. Buon segno. E lo fa con un argomento di primaria grandezza. L’idea della mozione è stata lanciata personalmente da Silvio Berlusconi subito dopo l’incontro privato con il vecchio amico Vladimir Putin. Tocca ora alla destra ritrovata di cogliere l’occasione per mettere alle corde il premier Matteo Renzi, smascherandone la sostanziale ambiguità. È parso chiaro a tutti, ascoltando la conferenza stampa tenuta a margine della visita del leader russo all’Expo, la difficoltà nella quale si barcamena il governo italiano. Putin, con il suo crudo pragmatismo, l’ha resa se possibile ancor più imbarazzante. Ci ha spiegato, senza giri di parole, che l’Italia è un partner importante per la Russia. Tuttavia, a causa delle sanzioni imposte dall’Occidente, il volume dell’interscambio commerciale tra i due Paesi è crollato, nell’ultimo trimestre, del 25 per cento.

Pur non negando che per Mosca le sanzioni siano state un grosso problema, Putin ha ributtato la palla nel campo italiano ponendo una semplice domanda: volete continuare così? Allora, sarà pur lecito interrogarsi su quanto ci stia costando la subalternità all’asse germanico/americano. Renzi non sa dare risposte e ripete a “pappagallo” la storiella che tutto tornerà a posto se la Russia rispetterà gli accordi di tregua stipulati a Minsk. Ma è il primo a non credere a ciò che dice. Barack Obama gioca all’isolamento del gigante russo e non sarà la pacificazione in una remota provincia del bacino del Don che lo farà ritornare sui suoi passi. Ora, gli Stati Uniti hanno tutto il diritto di fare il loro interesse. Ma per quanto altro tempo dovrà essere la piccola Italia a pagarne il conto? Va bene la gratitudine per ciò che gli americani fecero per liberarci dal nazifascismo, ma sono passati settant’anni e sarebbe giunto il momento di riprendere un po’ di autonomia senza che si scatenino i “poteri forti” d’oltreoceano per rimetterci in riga.

Il nostro Paese ha una piena consonanza con la Russia per questioni di complementarietà dei rispettivi sistemi produttivi. I russi hanno le materie prime che noi non abbiamo e gli italiani sanno fare le cose che i russi non hanno imparato a fare. Ma non c’è soltanto questo. Lo ha detto Putin nel suo intervento: tra Italia e Russia esiste un cemento culturale che ha radici lontane. Il paradigma etico italiano è molto più aderente a quello russo di quanto lo sia a quello del mondo anglosassone. C’è poi una questione di assetti strategici che ci riguarda da vicino. L’Italia ha un problema gigantesco da affrontare con la Libia. La Federazione Russa è divenuta un player decisivo nello scacchiere del Mediterraneo. Sarebbe di grande conforto averla dalla nostra parte nelle iniziative diplomatiche e nel caso di operazioni sul campo. Invece, siamo trascinati come salami in una contesa il cui senso autentico è quello di fare gli interessi di alcuni, ma non di tutti gli stati occidentali. Certamente non di quello italiano.

Un premier all’altezza del compito dovrebbe farlo comprendere ai suoi interlocutori europei e d’oltreoceano. Ma Renzi non ha sufficiente spessore politico per farsi sentire. Alla fine, siamo certi, dovrà mollare la poltrona alla quale è abbarbicato, prima di essere travolto dal precipitare degli eventi. Probabilmente non saranno le grandi questioni della politica alta a farlo franare, ma la bassa cucina del malaffare e della corruzione dilagante. Non stiamo a sottilizzare. Purché tolga il disturbo ogni scusa sarà ben accetta.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:14